- Pubblicato daAnna Pizzini
- -Luglio 30, 2025
- -Diritto societario, News
Restituire fondi in crisi può costituire bancarotta fraudolenta per distrazione.
La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza del 9 maggio 2025, ha affrontato una questione centrale nel diritto fallimentare: la qualificazione giuridica della restituzione di somme versate a una società da parte di soggetti ad essa legati, nel periodo antecedente al fallimento. Il nodo interpretativo riguarda la distinzione tra bancarotta fraudolenta per distrazione e bancarotta preferenziale, in relazione alla natura dei versamenti e al contesto in cui sono stati effettuati e restituiti.
Il fatto contestato e le norme applicate
La vicenda giudiziaria trae origine dalla condanna di due soggetti da parte dei giudici di merito per aver disposto, in danno della massa dei creditori, il trasferimento di rilevanti risorse economiche da una società prossima al fallimento verso altre entità collegate. Uno dei soggetti, qualificabile come amministratore di fatto, aveva disposto tali versamenti a favore proprio e di una nuova realtà imprenditoriale; l’altro, coinvolto nella gestione contabile e amministrativa, avrebbe agevolato tali operazioni, rendendosi così concorrente nel reato. Entrambi hanno proposto ricorso in Cassazione: uno sostenendo la legittimità delle restituzioni in quanto rimborso di finanziamenti, dunque configuranti bancarotta preferenziale; l’altro negando qualsiasi forma di partecipazione penalmente rilevante. Le disposizioni normative richiamate sono gli articoli 110 c.p. e 216, 219 e 223 l.fall.
Finanziamenti soci e natura del versamento
La giurisprudenza ha a lungo distinto tra i versamenti effettuati dai soci in conto capitale, che non possono essere restituiti durante la vita della società, e quelli concessi a titolo di mutuo, che generano un credito esigibile. La restituzione dei primi, se avvenuta in prossimità del fallimento, costituisce bancarotta per distrazione; la restituzione dei secondi, invece, potrebbe integrare la fattispecie di bancarotta preferenziale, qualora alteri l’ordine delle soddisfazioni creditorie. Più di recente, tuttavia, si è consolidato un orientamento secondo cui i versamenti effettuati in un contesto di grave squilibrio finanziario devono essere considerati finanziamenti “sostitutivi del capitale” e quindi equiparati ai conferimenti, ai sensi dell’articolo 2467 co. 2 c.c.. Da ciò deriva che la loro restituzione, se avvenuta prima della liquidazione, assume natura distrattiva, indipendentemente dalla denominazione formale attribuita all’operazione.
Applicazione al caso di specie
Nel caso esaminato, i giudici d’appello hanno accertato che i versamenti oggetto di restituzione erano stati effettuati in un momento di grave crisi della società, in cui sarebbe stato ragionevole attendersi un conferimento piuttosto che un mutuo. Questa circostanza ha determinato la qualificazione distrattiva della successiva restituzione, aggravata dall’assenza di accordi specifici relativi a scadenze o interessi, tipici del contratto di mutuo. Quanto al soggetto considerato concorrente, la Corte ha rilevato che aveva partecipato alla costituzione di una nuova struttura imprenditoriale destinataria delle risorse drenate e che, in qualità di responsabile contabile, era pienamente consapevole della crisi della società originaria e dell’assenza di causale effettiva nei trasferimenti. Tali elementi hanno condotto alla conferma della responsabilità per concorso nel reato proprio dell’amministratore.
Conclusioni
Il rigetto dei ricorsi è apparso coerente con l’evoluzione giurisprudenziale che, in materia di diritto fallimentare, pone al centro la tutela del ceto creditorio e sanziona tutte le condotte che, in situazioni di crisi, aggravano la posizione patrimoniale della società a vantaggio di soggetti interni. La Corte ha correttamente applicato le norme rilevanti, valorizzando la natura sostanziale dei versamenti rispetto alla forma e riaffermando il principio secondo cui le immissioni di denaro effettuate in contesti di dissesto sono equiparabili ai conferimenti, rendendo la loro restituzione fonte di responsabilità penale per distrazione. Anche la partecipazione, seppur non formale, ma attiva e consapevole, nella realizzazione delle operazioni, giustifica il riconoscimento del concorso nel reato.
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