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Procura in lingua straniera: non serve traduzione

a cura dell'avv. Giampaolo Balas

Le Sezioni Unite escludono la nullità della procura alle liti redatta all’estero in lingua straniera e priva di traduzione: non è atto processuale ma prodromico

Premessa

Con Sentenza n. 17876 del 2.7.2025, le Sezioni Unite Civili della Corte di cassazione si sono pronunciate sulla validità della procura alle liti rilasciata all’estero in lingua straniera e priva di traduzione in italiano.

La vicenda trae origine da una causa promossa da una cittadina italiana residente negli Stati Uniti, la quale aveva agito in giudizio in Italia per far valere le proprie ragioni ereditarie. Uno dei convenuti aveva resistito depositando una procura notarile redatta in lingua inglese, rilasciata in Florida e corredata da apostille, senza traduzione. In sede di ricorso per cassazione, la ricorrente eccepiva la nullità della procura per violazione dell’art. 122 c.p.c.

La Seconda Sezione ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, rilevando un contrasto nella giurisprudenza in ordine alla necessità della traduzione della procura straniera ai fini della sua validità nel processo civile italiano.

Elementi essenziali della Sentenza

Le Sezioni Unite, con ampia motivazione, hanno affermato i seguenti principi:

La procura alle liti non è un atto processuale in senso stretto, bensì un atto prodromico al processo (così come la nomina del difensore, la certificazione della rappresentanza o l’autorizzazione a stare in giudizio): non si applica l’obbligo della lingua italiana ex art. 122 c.p.c.

L’atto in lingua straniera non tradotto è valido: l’eventuale traduzione non è un requisito di validità, ma può essere richiesta dal giudice ai sensi dell’art. 123 c.p.c., se necessario per la comprensione.

La Corte precisa che il giudice può fare uso della sua conoscenza personale della lingua straniera o della non contestazione della parte avversa. Non è tenuto in ogni caso a richiedere una traduzione ufficiale.

Qualsiasi interpretazione volta a subordinare la validità dell’atto a un obbligo di traduzione implicherebbe un’inammissibile compressione del diritto di difesa, in contrasto con l’art. 24 Cost. e con l’art. 6 CEDU, e costituirebbe un formalismo processuale contrario al principio di effettività della tutela giurisdizionale.

 

Le Sezioni Unite sottolineano inoltre che la procura non è “atto del processo” ma “atto per il processo” e che il legislatore non ha previsto un obbligo generale di traduzione, né vi è ragione di introdurlo in via interpretativa.

Principio di diritto

«In materia di atti prodromici al processo, quale, nella specie, la procura speciale alle liti, la traduzione in lingua italiana dell’atto redatto all’estero non integra un requisito di validità dell’atto; essa può essere disposta, ai sensi dell’art. 123 c.p.c., dal giudice qualora ne riscontri la necessità, anche in relazione a specifiche contestazioni delle parti»

Conclusioni

Le Sezioni Unite chiariscono che la procura rilasciata all’estero in lingua straniera, anche non tradotta, è valida, purché l’atto sia formalmente valido secondo la legge del luogo di formazione (es. notarile, con apostille o legalizzazione).

La traduzione può essere richiesta dal giudice, ma solo se ritiene di non comprendere l’atto o se vi sia contestazione: non è un obbligo generale né della parte né del difensore.

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