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" Una rete di professionisti presente su tutto il territorio "

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Mission dello studio: Collaborare in team multidisciplinari altamente qualificati per offrire soluzioni innovative e personalizzate, perseguendo standard di eccellenza in ogni ambito di intervento.

Il nostro obiettivo è consolidare la nostra presenza in ogni città, rispondendo con competenza e professionalità alle esigenze specifiche dei settori legale, fiscale e commerciale.

Ci impegniamo a creare valore per i nostri clienti, contribuendo al loro successo con un approccio integrato e una visione orientata al futuro.

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Mission dello studio: lavorare in team multidisciplinari per raggiungere qualità eccellente per essere presenti in ogni città per settori specifici legati all’area legale, fiscale e commerciale.

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Novità e Aggiornamenti

Lo scioglimento del rapporto contrattuale per effetto del fallimento e la proponibilità dell’eccezione di inadempimento: nota a Cass., Sez. I, 13 ottobre 2025, n. 27361

Marco Cavaliere 1. Premessa. – La fattispecie Con l’ordinanza n. 27361 del 13 ottobre 2025 (Pres. Pazzi, Est. Amatore), la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione è tornata ad affrontare la delicata questione degli effetti che lo scioglimento del contratto, determinato dal fallimento di una delle parti, produce sul diritto del contraente in bonis e del curatore di opporre l’eccezione di inadempimento in sede di verifica del passivo. La vicenda traeva origine dall’opposizione proposta da una società di revisione avverso il decreto di esclusione, pronunciato dal giudice delegato, del credito insinuato a titolo di compenso per l’attività di revisione legale dei conti svolta a favore di una società poi dichiarata insolvente.La curatela (nella specie, una procedura di amministrazione straordinaria) aveva eccepito l’inadempimento parziale e l’esecuzione non diligente della prestazione professionale, lamentando, in particolare, gravi carenze nella revisione dei bilanci e nell’attestazione dei vincoli finanziari.Il Tribunale di Verona, con decreto del 17 marzo 2023, accoglieva solo parzialmente l’opposizione, ammettendo al passivo il credito in misura ridotta e in chirografo, rigettando altresì la pretesa al riconoscimento del privilegio ex art. 2751-bis, n. 2, c.c. La società opponente proponeva ricorso per cassazione deducendo, tra l’altro, la violazione dell’art. 1460 c.c., assumendo che, una volta sciolto il contratto per effetto del fallimento, non sarebbe più consentito sollevare l’eccezione di inadempimento, istituto funzionale alla conservazione del vincolo negoziale. 2. L’efficacia ex nunc dello scioglimento del contratto e la persistenza dell’eccezione di inadempimento La Suprema Corte respinge il ricorso, riaffermando un principio di diritto di significativa rilevanza sistematica: «Anche laddove il contratto si sciolga per l’intervenuto fallimento di una delle parti, poiché tale scioglimento ha efficacia ex nunc, ciascuna parte e il curatore del fallimento possono sempre rifiutare il pagamento delle opere e dei servizi per la parte non eseguita o non eseguita a regola d’arte, sollevando eccezione di inadempimento, in quanto ragionando diversamente si imporrebbe al debitore di pagare per intero le prestazioni ricevute, pur se in tutto o in parte non eseguite esattamente». Il dictum si pone in linea di continuità con Cass. Sez. I, 20 novembre 2015, n. 23810, e conferma che lo scioglimento del rapporto contrattuale a seguito della dichiarazione di fallimento non cancella retroattivamente gli effetti già prodotti, ma opera ex nunc, lasciando intatti i diritti e le eccezioni maturate sino a quel momento. Ne consegue che il curatore, chiamato a verificare le pretese creditorie relative a prestazioni professionali rese in esecuzione del contratto poi sciolto, può legittimamente opporre l’inadempimento parziale o imperfetto del contraente, negando il pagamento delle somme pretese per la parte non regolarmente adempiuta. Il principio appare coerente con la logica della par condicio creditorum e con il canone di economicità della gestione fallimentare: la procedura non può sopportare l’onere integrale di prestazioni non eseguite correttamente, pena l’ingiustificato arricchimento del creditore professionista. 3. La funzione dell’eccezione di inadempimento nella fase concorsuale La sentenza in commento offre altresì lo spunto per ribadire la funzione non solo conservativa, ma anche difensiva dell’eccezione di inadempimento, intesa quale strumento di autotutela volto a impedire che il debitore sia costretto a corrispondere il prezzo di una prestazione imperfetta. L’argomento difensivo della ricorrente, secondo cui l’eccezione ex art. 1460 c.c. presupporrebbe un contratto ancora in corso di esecuzione, è respinto con motivazione logico-sistematica: l’eccezione non persegue necessariamente la conservazione del vincolo, ma può essere utilmente sollevata anche a rapporto sciolto, al solo fine di paralizzare la pretesa di controparte per prestazioni inesatte. La Corte valorizza così una lettura sostanziale dell’istituto, che travalica il piano statico del sinallagma contrattuale per proiettarsi in quello dinamico dell’equilibrio tra le prestazioni, anche dopo la cessazione del vincolo negoziale. 4. L’onere probatorio e il ruolo della consulenza tecnica d’ufficio Sotto il profilo processuale, la decisione conferma l’orientamento secondo cui, nell’ambito dell’opposizione allo stato passivo, il creditore opponente è onerato della prova dell’esistenza del credito e del corretto adempimento della propria prestazione, mentre la curatela può limitarsi a sollevare eccezione di inadempimento purché specifica e tempestiva. Di particolare interesse è la precisazione circa la natura della consulenza tecnica d’ufficio: trattandosi di CTU percipiente, essa può legittimamente considerare fatti tecnici “secondari”, anche se non specificamente allegati dalle parti, quando la loro valutazione risulti necessaria per rispondere compiutamente al quesito. In ciò la Corte richiama le Sezioni Unite n. 3086/2022, chiarendo che la distinzione tra “fatti principali” e “fatti secondari” consente di evitare indebite censure di ultrapetizione, come nel caso di specie, in cui le deduzioni del consulente avevano integrato — senza innovare — il quadro contestuale dell’inadempimento. 5. Considerazioni sistematiche e riflessi applicativi La pronuncia si inserisce nel solco della giurisprudenza che tende a ricomporre l’unità del diritto contrattuale e quello concorsuale, superando l’idea di una cesura netta tra le due dimensioni.Lo scioglimento del contratto, pur determinando la cessazione del vincolo, non elide gli effetti già prodotti né cancella gli obblighi di correttezza e buona fede gravanti sulle parti.Il curatore, in quanto successore a titolo particolare del fallito, può pertanto far valere tutte le eccezioni opponibili dal debitore in bonis, incluse quelle di inadempimento o di inesatto adempimento, per evitare che la massa sopporti prestazioni non utili o dannose. Nell’ambito dei rapporti professionali — come nel caso della revisione legale dei conti — la decisione assume rilievo pratico anche ai fini della valutazione del privilegio ex art. 2751-bis, n. 2, c.c.: il mancato adempimento secondo regola d’arte non solo riduce l’entità del credito ammissibile, ma può escludere il riconoscimento del privilegio per difetto del presupposto di “effettività” della prestazione. 6. Conclusioni La Cassazione, con l’ordinanza n. 27361/2025, consolida un orientamento che coniuga rigore sistematico e pragmatismo gestionale: lo scioglimento del contratto per fallimento ha efficacia ex nunc e non impedisce l’opponibilità dell’eccezione di inadempimento per prestazioni inesatte, anche quando il rapporto sia ormai cessato.Ne deriva un principio di equilibrio tra tutela della massa e rispetto della corrispettività sinallagmatica, che evita di gravare la procedura concorsuale di oneri economici non giustificati da un’effettiva utilità per l’attivo. Autore Marco Cavaliere

veridicità e fattibilità piano

Verifica della veridicità e fattibilità di un piano di risanamento aziendale

L’attestatore verifica la veridicità dei dati e la fattibilità piano di risanamento, valutando coerenza strategica, sostenibilità economica e credibilità delle ipotesi aziendali.

La risoluzione del concordato preventivo liquidatorio tra oggettività dell’inadempimento e perdita della causa concreta

A cura di Marco Cavaliere Nota a Trib. Milano, Sez. II Civile, 21 luglio 2025, Pres. De Simone, Est. Pipicelli 1. Premessa Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Milano affronta con rara chiarezza il tema della risoluzione del concordato preventivo liquidatorio, soffermandosi sui criteri di valutazione della “non scarsa importanza dell’inadempimento” e sulla natura oggettiva del relativo accertamento.Il Collegio — composto dalla Presidente Dott.ssa De Simone e dal Giudice relatore Dott. Pipicelli — si colloca nel solco di un orientamento interpretativo volto a ricondurre la risoluzione del concordato a una verifica sostanziale della funzione economico-sociale della procedura, intesa come strumento di soddisfazione, anche parziale, della massa creditoria. 2. Il caso concreto La vicenda trae origine dal ricorso proposto da due creditori chirografari nei confronti della società debitrice, ammessa nel 2019 a concordato preventivo liquidatorio.Nonostante la proroga semestrale dei termini di esecuzione disposta ex art. 9 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (“Decreto Liquidità”), alla data del 30 giugno 2024 il piano risultava totalmente inadempiuto.Le relazioni del liquidatore giudiziale, prodotte nel procedimento, avevano evidenziato l’assoluta incapacità di realizzare gli asset aziendali (otto esperimenti di vendita andati deserti o con esiti marginali) e l’impossibilità di conseguire anche un pagamento minimo dei creditori chirografari, in violazione della percentuale promessa del 26%.Il Tribunale ha pertanto accertato un’inadempienza strutturale e generalizzata, tale da precludere la realizzazione della causa concreta del concordato e da giustificare la risoluzione del medesimo ai sensi dell’art. 186 l. fall. (ora art. 119 CCII). 3. La gravità dell’inadempimento e la prospettiva oggettiva di valutazione Il giudice meneghino premette che la valutazione della “non scarsa importanza” dell’inadempimento deve essere condotta avendo riguardo al complesso degli obblighi assunti dal debitore verso la massa dei creditori, e non con riferimento al singolo rapporto obbligatorio.Il concordato, infatti, rappresenta un negozio plurisoggettivo e composito, in cui la soddisfazione dei creditori è elemento costitutivo della causa e la cui omologa consegue all’approvazione della maggioranza del ceto creditorio.Ne consegue che la gravità dell’inadempimento deve essere parametrata al mancato raggiungimento dell’obiettivo satisfattivo complessivo del piano, e non all’interesse individuale del creditore istante. 4. La funzione satisfattiva e la perdita della causa in concreto Il Tribunale ha individuato il parametro decisivo della risoluzione nella oggettiva impossibilità di realizzare la soddisfazione dei creditori nei termini concordatari, sottolineando che il venir meno anche di una soddisfazione minima e non irrisoria dei chirografari priva di causa il negozio concordatario.La sentenza richiama in tal senso la Cass., Sez. I, n. 20652 del 31 luglio 2019, la quale ha affermato che il concordato “deve essere risolto […] qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare in una qualche misura i creditori chirografari e integralmente quelli privilegiati, salvo che l’inadempimento abbia scarsa importanza, tenuto conto della percentuale di soddisfacimento indicata nella proposta dal debitore”.Il Collegio valorizza inoltre la Cass., Sez. I, n. 18738 del 13 luglio 2018, che ribadisce come la risoluzione debba essere pronunciata “a prescindere da eventuali profili di colpa del debitore, non trattandosi di un contratto a prestazioni corrispettive ma di un istituto avente natura negoziale contemperata da una disciplina che persegue interessi pubblicistici”. In linea con tali approdi, la sentenza richiama altresì Cass. n. 7942/2010, Cass. n. 13446/2013 e Cass. n. 4398/2015, che hanno posto l’accento sulla irrilevanza dell’imputabilità soggettiva dell’inadempimento, dovendo il giudice verificare solo l’effettiva capacità della procedura di conseguire, in base a criteri di ragionevole previsione, la finalità satisfattiva minima. In altri termini, la gravità dell’inadempimento si traduce nella perdita della causa in concreto del concordato, laddove la procedura non sia più in grado di assicurare — neppure in minima parte — la realizzazione dell’utilità promessa al ceto creditorio. 5. L’insolvenza sopravvenuta e la segnalazione al Pubblico Ministero Il Tribunale ha poi rilevato come la società risultasse attualmente insolvente, con un patrimonio netto negativo di circa € 12,4 milioni e un attivo effettivo incapiente rispetto al passivo concordatario.In applicazione dei principi affermati da Cass., Sez. I, ord. n. 30284 del 14 ottobre 2022 e Cass., Sez. I, ord. n. 7087 del 3 marzo 2022, il giudice ha richiamato la nozione di insolvenza quale situazione di “impotenza strutturale” dell’impresa a soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni con mezzi ordinari.Non essendo stata proposta istanza di apertura della liquidazione giudiziale, il Collegio ha disposto la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per le determinazioni di competenza. 6. Considerazioni conclusive La decisione milanese si distingue per rigore argomentativo e coerenza sistematica.Essa chiarisce che la risoluzione del concordato preventivo liquidatorio non è rimessa alla valutazione soggettiva della condotta del debitore, bensì alla verifica oggettiva della funzionalità del piano rispetto alla sua causa economico-sociale.Quando il piano perde la capacità di assicurare anche una minima soddisfazione ai creditori, l’inadempimento non può che qualificarsi di grave entità, comportando la caducazione dell’efficacia dell’accordo e la conseguente segnalazione dell’insolvenza. Autore Marco Cavaliere

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