La revoca dell’ammissione al concordato semplificato per atti di frode informativa: considerazioni sistematiche a margine di Trib. Milano, 22 aprile 2025, Pres. est. De Simone
di Marco Cavaliere. 1. Premessa: il perimetro della frode concordataria nel nuovo diritto della crisi La pronuncia del Tribunale di Milano del 22 aprile 2025 (Pres. est. De Simone), nell’ambito della procedura R.G. 473/2024, offre un pregevole contributo esegetico in ordine all’interpretazione dell’art. 106 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (d.lgs. n. 14/2019), nella parte in cui contempla la revoca dell’ammissione al concordato preventivo, anche semplificato, in presenza di atti di frode in danno dei creditori. La decisione si segnala in particolare per l’approfondita disamina della valenza decettiva di condotte meramente omissive o reticenti, le quali, pur in difetto di un intento fraudolento dolosamente preordinato, siano tuttavia idonee a compromettere il consenso informato dei creditori e la trasparenza del procedimento. 2. La nozione estensiva di “atto di frode”: tra dissimulazione e incompletezza informativa Il Collegio meneghino aderisce a un’interpretazione estensiva del concetto di “atti di frode”, includendovi non soltanto le condotte commissive classiche (quali l’occultamento dell’attivo, la simulazione del passivo, la dissimulazione di poste contabili fittizie), ma altresì quelle omissioni o reticenze informative che, per la loro intrinseca potenzialità decettiva, determinano una falsa rappresentazione della reale condizione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa. In particolare, il Tribunale chiarisce che la frode può consistere anche nell’occultamento, mediante appostazioni contabili non veritiere, di situazioni di fatto idonee ad alterare il giudizio valutativo dei creditori, ledendo in tal modo il principio di integrità informativa che presidia il diritto di voto nell’ambito della procedura. È sufficiente, sotto il profilo soggettivo, la consapevole volontarietà della condotta omissiva, non essendo richiesto il dolo specifico di inganno. 3. Il caso concreto: le poste contabili “incoerenti” e l’alterazione dell’informazione finanziaria Nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale, la società proponente aveva iscritto nel bilancio al 28.2.2023 una voce “fatture da emettere” per un importo abnorme (oltre 7 milioni di euro), in larga parte riferita a forniture effettuate verso una controllata estera. La fatturazione veniva effettuata a distanza di oltre un anno, in assenza di congrue giustificazioni documentali (DDT, contratti, condizioni economiche), e in modo del tutto incompatibile con il volume d’affari dichiarato dalla partecipata, poi posta in liquidazione. Ulteriori appostazioni contabili, concernenti crediti intercompany per “brand awareness” e per cessioni wholesale, risultavano integralmente azzerate nell’esercizio successivo attraverso sopravvenienze passive, a riprova dell’inconsistenza economica dei valori originariamente iscritti. Ne conseguiva, secondo la ricostruzione del Commissario giudiziale – pienamente condivisa dal Collegio –, l’occultamento della perdita integrale del capitale sociale già al 28.2.2023 e la rappresentazione fuorviante di un patrimonio netto formalmente positivo. 4. La rilevanza dell’informazione omessa nella prospettiva del consenso creditorio Elemento centrale della motivazione del Tribunale è il nesso causale tra l’occultamento contabile e l’induzione in errore del ceto creditorio. L’omessa disclosure circa l’effettiva perdita del capitale, l’inesistenza di alcune poste attive e l’insostenibilità finanziaria del piano proposto hanno determinato un pregiudizio diretto alla possibilità per i creditori di valutare consapevolmente la convenienza della proposta concordataria rispetto allo scenario liquidatorio. Tali circostanze, originariamente non percepite dagli organi della procedura né dai creditori, sono state successivamente accertate nella loro portata effettiva, evidenziando una divaricazione insanabile tra i dati attesi e quelli reali. Ne discende la radicale inidoneità della proposta a soddisfare anche minimamente le ragioni creditorie, con disvelamento tardivo dell’inattitudine funzionale del piano. 5. L’irrilevanza della buona fede formale: verso una responsabilità informativa oggettiva Di particolare rilievo è la sottolineatura operata dal Tribunale circa l’indipendenza della frode da una dolosa preordinazione. È sufficiente – si legge nella motivazione – la consapevole omissione di dati rilevanti o la persistente adozione di rappresentazioni distorte, benché sorrette da perizie e attestazioni apparentemente conformi. Non vale, in tal senso, opporre la regolarità formale della relazione attestativa, ove la stessa si fondi su dati incompleti, disomogenei o non verificabili secondo criteri scientificamente attendibili. Il Collegio stigmatizza anche l’inadeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili della società proponente, da tempo noti agli organi di controllo e già rilevati dal revisore e dall’attestatore, a conferma di una colpevole sottovalutazione della portata degli obblighi informativi e prudenziali gravanti sull’imprenditore in crisi. 6. Conclusioni: sulla funzione sistemica dell’art. 106 CCII e l’esigenza di verità informativa La pronuncia del Tribunale milanese si inserisce nel solco di un orientamento interpretativo volto a riaffermare con vigore la funzione ordinante dell’art. 106 CCII, quale strumento di salvaguardia dell’ordinato svolgimento della procedura e di presidio della lealtà concorsuale. La compressione del diritto di credito, che si accompagna a ogni proposta concordataria, deve necessariamente trovare contropeso nella piena trasparenza dell’informazione ex ante, e nella correttezza dell’adempimento degli obblighi di disclosure. Quando ciò non avvenga, come nel caso di specie, il sistema reagisce con la sanzione più grave: la revoca dell’ammissione e l’apertura della liquidazione giudiziale. Non per punire, ma per ristabilire le condizioni minime di correttezza e verità nel confronto fra debitore e creditori, cardini insopprimibili della fisiologia concorsuale nel diritto della crisi.