- Pubblicato daValerio Zicaro
- -Luglio 11, 2025
- -Diritto societario, News
Consiglio di Stato: limiti all’equivalenza per evitare offerte inammissibili

Aliud pro alio
Il Collegio ha richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui si ha aliud pro alio quando l’offerta presentata in gara introduce un bene o un servizio radicalmente diverso da quello richiesto nella lex specialis. Una simile divergenza, in sostanza, altera l’oggetto dell’appalto, lo rende indeterminato e finisce per modificare in modo surrettizio il contenuto della gara, arrecando pregiudizio sia alla stazione appaltante sia agli altri concorrenti che abbiano rispettato puntualmente le prescrizioni di gara.
Tre profili: tipologico, strutturale e funzionale
Per accertare se vi sia un’ipotesi di aliud pro alio, la valutazione deve tenere conto di tre profili: tipologico, strutturale e funzionale. In altri termini, è necessario verificare se la natura, la composizione e la funzione del bene o del servizio offerto siano coerenti con quanto richiesto dal bando. Qualora vi siano modifiche che nulla abbiano a che vedere con l’opera o il servizio programmato, si è in presenza di una variante non consentita, che giustifica l’esclusione dell’offerta.
Il principio di equivalenza
Allo stesso tempo, la sentenza chiarisce il significato e la portata del principio di equivalenza, che ha una funzione inclusiva e promuove la più ampia partecipazione alle gare pubbliche. Tale principio consente di considerare ammissibili offerte che, pur non rispettando formalmente tutte le specifiche tecniche indicate dalla lex specialis, garantiscono comunque prestazioni sostanzialmente corrispondenti. Esso si fonda sui principi di imparzialità, buon andamento dell’azione amministrativa, libertà di iniziativa economica e, a livello europeo, sul principio di concorrenza.
Tuttavia, il principio di equivalenza incontra un limite ben preciso: non può mai essere invocato per ammettere un’offerta che configuri un aliud pro alio. In tali casi, la difformità non è solo formale, ma sostanziale, e rende l’offerta inammissibile, in quanto incompatibile con le esigenze specifiche dell’amministrazione.
Conclusione
Il Consiglio di Stato ha ribadito che la stazione appaltante può (e deve) esercitare la propria discrezionalità tecnica nel valutare l’equivalenza delle offerte, ma tale valutazione deve essere sempre ispirata a criteri di ragionevolezza, proporzionalità e coerenza con il progetto posto a base di gara, evitando sia l’applicazione rigida e formalistica delle regole, sia l’ammissione di offerte che stravolgano l’oggetto del contratto.
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