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La Corte Costituzionale sul diritto di difesa dei soci nel fallimento in estensione

La Corte Costituzionale chiarisce la tutela dei soci nella società semplice

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Il caso

Il caso trae origine da una sentenza dichiarativa di fallimento di una S.a.S., pronunciata dal Tribunale di Matera e divenuta irrevocabile a seguito del rigetto del reclamo. Successivamente, il curatore fallimentare ha chiesto, ai sensi dell’art. 147 della l. fall., l’estensione del fallimento ai soci illimitatamente responsabili. I soci si sono costituiti nel giudizio concernente il fallimento in estensione eccependo:

– la violazione del contraddittorio per non essere stati sentiti nella fase prefallimentare e in quella successiva alla declaratoria di fallimento della società;

– la violazione del loro diritto di difesa, consistita nel non poter dimostrare l’assenza dei presupposti per la fallibilità della società, essendo quest’ultima dedita all’attività agricola.

La posizione del Tribunale di Matera

Il giudice a quo ha ritenuto che i soci di una società semplice, di cui sia chiesto il fallimento in estensione dopo il passaggio in giudicato della sentenza dichiarativa del fallimento della società, senza che in tale giudizio essi siano stati convocati, subirebbero una irragionevole e sproporzionata lesione del diritto di difesa di cui agli artt. 24 e 111 Cost., sollevando, per tale motivo, questione di legittimità costituzionale dell’art. 147 l. fall.

L’ordinanza di remissione

Il Tribunale di Matera, in particolare, osserva che quando il fallimento in estensione dei soci illimitatamente responsabili di una società di persone viene richiesto dopo la dichiarazione di fallimento della società con pronuncia irrevocabile, pur dovendo i soci essere convocati e sentiti ai sensi dell’art. 147 c. 3 l. fall., a costoro è di fatto preclusa ogni difesa sostanziale, dal momento che possono solo eccepire:

1) di non essere in realtà soci illimitatamente responsabili della fallita;

2) che sono decorsi i termini di cui all’art. 147 c. 2, l. fall.;

3) che l’insolvenza della società dipende da debiti successivi alla data della cessazione della responsabilità illimitata (art. 147 c. 2 ultimo periodo l. fall.).

Alla luce di tali premesse e considerato che, nel caso in esame, l’unico argomento difensivo dei soci si fonda proprio sulla non fallibilità della società semplice, per essere un’attività prevalentemente agricola, il Tribunale remittente “invoca l’inopponibilità ai soci, nel giudizio sul fallimento in estensione, dell’accertamento relativo all’esistenza dei requisiti di fallibilità dell’ente

L’interpretazione della Corte Costituzionale

La Corte costituzionale ritiene le questioni ad essa sottoposte non fondate essendo possibile un’interpretazione adeguatrice della disposizione censurata. Nel ricordare di essere stata chiamata a pronunciarsi non sulla legittimità in generale di tale sistema, con riguardo alle società commerciali, bensì soltanto ad un più delimitato caso specifico, ha ritenuto opportuno delimitare il thema decidendum alla società semplice. Ha pertanto realizzato il seguente ragionamento:

1) Di norma per applicare l’art. 147 della legge fallimentare è necessario che i soci illimitatamente responsabili partecipino a una società rientrante in uno dei tipi societari indicati al primo comma, nel caso della società semplice occorre innanzitutto un accertamento sostanziale circa la prevalente attività commerciale svolta dalla società;

2) Se dovesse emergere l’esercizio prevalente di attività commerciale, si dovranno applicare le norme previste per le società in nome collettivo, ivi incluse quelle che consentono l’assoggettabilità al fallimentoe, dunque, la possibile estensione del fallimento ai soci;

3) Tale accertamento può essere effettuato solo nel giudizio sul fallimento della società;

4) Non si può far gravare sui soci, non convocati in quel medesimo giudizio, l’onere di verificare sul registro delle imprese l’eventuale fallimento di un ente che normalmente non fallisce;

5) Un simile onere avrebbe evidenti riverberi sull’effettività del diritto di difesa;

6) È necessario, pertanto, che il contraddittorio venga fin da subito esteso anche ai soci, affinché possano interloquire sulla fallibilità della società.

Alla luce di tali considerazioni la Corte, ritenendo insufficiente la mera facoltà di reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento, con sentenza interpretativa di rigetto  ha dichiarato la legittimità dell’art. 147 l. fall., fornendo tuttavia un’interpretazione adeguatrice della norma censurata.

Dove l’art. 147, terzo comma, della legge fallimentare prescrive che «prima di dichiarare il [loro] fallimento» i soci illimitatamente responsabili devono essere convocati, esso deve essere interpretato nel senso che, “prima di dichiarare il [loro] fallimento [dei soci illimitatamente responsabili di società semplice, n.d.r.], gli stessi devono essere stati convocati non solo nel giudizio in cui viene dichiarato il loro fallimento, ma anche in quello che accerta, per ragioni sostanziali, la fallibilità dell’ente, che costituisce presupposto della fallibilità̀ dei soci. In mancanza, non si può far gravare su di loro l’onere di verificare sul registro delle imprese il fallimento di una società che, di norma, non è esposta al fallimento”.

Conclusioni e principio di diritto affermato

Con la sentenza n. 87/2025, la Corte Costituzionale ha ribadito la compatibilità tra i principi costituzionali e la disciplina fallimentare. In particolare, se da un lato ha riconosciuto i limiti del fallimento in estensione per i soci di società semplice, dall’altro ha voluto comunque tutelare il loro diritto di difesa adottando un’interpretazione adeguatrice dell’articolo 147 della l. fall. ed affermando il principio di diritto secondo cui “i soci palesi di una società semplice hanno diritto a essere convocati nel giudizio sul fallimento della società, che indirettamente accerta la loro fallibilità sostanziale, anche se nel medesimo giudizio non è stato chiesto il loro fallimento in estensione. In mancanza, l’accertamento della loro fallibilità non è opponibile nel giudizio di cui all’art. 147 della legge fallimentare, salvo che, di fatto, abbiano già esercitato rispetto a tale accertamento il loro diritto di difesa.”

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