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Il divieto di ammissione di ‘nuovi’ mezzi di prova e documenti nel giudizio d’appello

La parte può produrre ‘nuovi’ mezzi istruttori solo se dimostra di non avere potuto proporli prima per causa ad essa non imputabile

Divieto nuovi mezzi prova

La vicenda decisa dalla Cassazione

La proprietaria di un fabbricato, premettendo che la vicina di casa avrebbe realizzato alcune opere edilizie illegittime, ha richiesto al Tribunale competente la condanna della stessa al ripristino dello stato dei luoghi ed al risarcimento dei danni patiti. La convenuta si è costituita in giudizio formulando domanda riconvenzionale con cui ha chiesto la condanna dell’attrice alla demolizione, o comunque all’arretramento, di alcuni manufatti asseritamente posti a distanza non regolamentare.

Il Tribunale ha accolto parzialmente sia la domanda principale che la riconvenzionale, condannando entrambe le parti alla demolizione, con ripristino dello status quo ante, delle opere realizzate in violazione di legge, per cui l’attrice ha formulato gravame innanzi la Corte d’Appello che, tuttavia, ha in sostanza confermato la sentenza di primo grado. Avverso tale sentenza l’appellata ha proposto ricorso per cassazione invocando la tardività della produzione di un ‘nuovo’ documento nell’ambito del giudizio d’appello.

La disciplina di riferimento

Con l’entrata in vigore della ‘novella’ del 2012 è stato introdotto, nel nostro ordinamento, il divieto di ammissione, nel giudizio d’appello civile, di ‘nuovi’ mezzi istruttori. Tale principio è stato delineato nell’art. 345 co. 3 c.p.c., ove si legge che “Non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile”.

Negli anni la riforma richiamata ha creato diversi problemi applicativi in ordine all’individuazione del riferimento temporale per la vigenza della nuova disciplina: in tale contesto la Suprema Corte ha chiarito che, in base al generale principio processuale “tempus regit actum”, il divieto di ammissione di ‘nuovi’ mezzi istruttori trova applicazione nei giudizi in cui la sentenza di primo grado sia stata pubblicata dopo il giorno 11 settembre 2012, data di entrata in vigore della ‘novella’.

L’ordinanza n. 17591/2025

La Suprema Corte, con l’ordinanza n. 17591/2025, argomentando in merito all’eccezione sollevata da parte appellata, sulla tardività della ‘nuova’ produzione documentale depositata ha cassato con rinvio precisando che:

  • il giudizio in oggetto è certamente assoggettabile al divieto di cui all’art. 345 co. 3 c.p.c. in quanto la sentenza di primo grado è stata pubblicata dopo l’11.09.2012;
  • la Corte d’Appello, incorrendo in error in procedendo, ha ammesso il documento depositato ‘tardivamente’ dalla parte che, peraltro, non ha dimostrato di non aver potuto provvedere prima alla produzione per causa ad essa non imputabile.

I principi espressi dalla Corte

Con l’ordinanza in esame la Corte ha affermato i seguenti principi di diritto:

  • “la nuova formulazione dell’art. 345, comma 3, cod. proc. civ., introdotta dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, che prevede il divieto di ammissione, in appello, di nuovi mezzi di prova e documenti, salvo che la parte dimostri di non avere potuto proporli o produrre per causa non imputabile, trova applicazione, in difetto di un’espressa disciplina transitoria ed in base al generale principio processuale “tempus regit actum”, quando la sentenza conclusiva del giudizio di primo grado sia stata pubblicata dopo l’11 settembre 2012”;
  • “Nel giudizio di legittimità, qualora venga dedotta l’erroneità dell’ammissione o della dichiarazione di inammissibilità di una prova documentale in appello, la S.C., in quanto chiamata ad accertare un ‘error in procedendo’, è giudice del fatto, ed è, quindi, tenuta a stabilire se si trattasse in astratto di prova indispensabile, ossia teoricamente idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione dei fatti di causa”;
  • “Pur vero che il ricorrente che si duole dell’ammissione di un mezzo di prova deve spiegarne il carattere decisivo, a pena d’inammissibilità del motivo di ricorso, tuttavia, ove la decisività risulti dalla motivazione della sentenza impugnata, poiché la Cassazione, in quanto chiamata ad accertare un ‘error in procedendo’, è giudice del fatto, ben può rilevarla da essa sentenza purché il ricorrente abbia allegato, sia pure in assenza di specifica articolazione espositiva, l’anzidetta qualità”.

Conclusioni

Con l’ordinanza in commento la Suprema Corte, anche al fine di uniformare l’indirizzo interpretativo in materia, ha sottolineato, ancora una volta, che il divieto di ammissione, nel giudizio d’appello civile, di ‘nuovi’ mezzi istruttori, si applica a tutti i procedimenti la cui sentenza di primo grado sia stata pubblicata prima del giorno 11 settembre 2012, data di entrata in vigore della ‘novella’ dell’art. 345 co. 3 c.p.c.

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