- Pubblicato daGiorgio Conforti
- -Agosto 11, 2025
- -Contenzioso Civile e Arbitrati, News
a cura dell'avv. Giorgio Conforti
Solo quando il pericolo di evizione è effettivo la sospensione dell’obbligazione di stipulare il contratto definitivo è consentita

Il caso
A seguito di accordi verbali tra i proprietari di un fabbricato e la promissaria acquirente è stato sottoscritto un contratto preliminare di compravendita immobiliare con contestuale versamento di una somma a titolo di caparra confirmatoria. Successivamente la promissaria acquirente, ravvisando un pericolo di evizione causato dal presunto sconfinamento da parte di un vicino, dopo aver esercitato il diritto di recesso aveva agito innanzi il competente Tribunale chiedendo la restituzione del doppio della caparra versata.
Il Tribunale, aderendo alle tesi sostenute dai promittenti venditori, secondo cui i rapporti con il vicino erano stati definiti con la corretta rideterminazione dei confini, ha rigettato la richiesta formulata mentre la Corte d’Appello, adita dalla promissaria acquirente, aveva ritenuto giustificato il recesso accogliendo il gravame. Avverso tale decisione i promittenti venditori hanno proposto ricorso per Cassazione evidenziando la mancata valutazione, nel merito, della sussistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto di recesso.
La disciplina di riferimento
La giurisprudenza di legittimità, applicando per analogia anche ai contratti preliminari la disciplina dettata dall’art. 1481 c.c. in materia di compravendita, ha delineato un orientamento interpretativo, ormai consolidato, che riconosce il diritto di recesso del promissario acquirente (che può rifiutare la stipula del contratto definitivo o sospendere il pagamento del prezzo) quando, in relazione al bene promesso in vendita, sussista il pericolo attuale e concreto di evizione (e, dunque, di rivendica) da parte di terzi.
La risoluzione del contratto per inadempimento, invece, ai sensi dell’art. 1453 c.c.., può essere richiesta quando uno dei contraenti non adempie le sue obbligazioni (più precisamente, secondo quanto dettato dall’art. 1455 c.c., nelle sole ipotesi in cui l’inadempimento di una delle parti abbia rilevante ‘importanza’), mentre la restituzione della caparra confirmatoria è prevista dall’art. 1385 c.c.
L’ordinanza della Cassazione n. 21254/2025
La Suprema Corte, con la recente ordinanza n. 21254/2025, ha delineato l’ambito applicativo del diritto di recesso in materia di contratti preliminari di compravendita affermando che:
- la disciplina dettata per la compravendita trova pacificamente applicazione per analogia anche per i contratti preliminari di compravendita;
- i presupposti oggettivi di operatività dell’art. 1481 c.c. sono:
- a) il pericolo di rivendica, relativo anche ad una parte del bene compravenduto (o promesso in vendita in caso di preliminare);
- b) l’effettività del pericolo, che non può rinvenirsi nel mero timore o in una presunzione non grave e non circostanziata dell’acquirente;
- c) la gravità, serietà e concretezza del pericolo;
- il pericolo di evizione, dunque, deve essere effettivo e non meramente presuntivo o putativo;
- inoltre, qualora emerga che il bene appartenga ad altri, occorre che il terzo ‘presunto’ proprietario manifesti chiaramente l’intenzione di rivendicare la cosa;
ai fini della risoluzione contrattuale, infine, è necessario verificare, accertata la sussistenza dell’inadempimento (inteso quale pericolo di rivendica/evizione), la gravità dello stesso e la proporzionalità dell’eventuale recesso.
I principi espressi dalla Corte di Cassazione
Con l’ordinanza in esame la Corte ha affermato i seguenti principi di diritto:
- “Il pericolo di evizione, anche parziale, disciplinato dall’ 1481 c.c., che permette la sospensione del pagamento del prezzo e, in ipotesi di contratto preliminare di compravendita, la sospensione dell’obbligazione di stipulare il contratto definitivo, deve essere effettivo e non meramente presuntivo o putativo, e non si può quindi risolvere in un mero timore soggettivo che l’evizione possa verificarsi;
- di conseguenza anche quando si abbia conoscenza che la cosa appartenga ad altri, occorre che emerga da elementi oggettivi o comunque da indizi concreti che il terzo che si afferma proprietario abbia intenzione di rivendicare, in modo non apparentemente infondato, la cosa;
nel contratto preliminare di compravendita l’esercizio del recesso ex art. 1385 c.c. non può essere giustificato dal solo pericolo di evizione, per il quale esiste il rimedio disciplinato dall’art. 1481 c.c., ma ne debbono essere comunque verificati i presupposti di operatività secondo i criteri dettati dagli art. 1453–1455 c.c., quanto ad esistenza, gravità e proporzionalità in relazione all’inadempimento ascritto alla controparte”.
Conclusioni
La Suprema Corte, nella sentenza richiamata, ha analiticamente indicato le condizioni ed i presupposti per l’esercizio della relativa azione precisando che, ai fini della sospensione dell’obbligazione di stipulare il contratto definitivo, è necessario dimostrare la sussistenza del pericolo di evizione, la concreta volontà del presunto proprietario di rivendicare il bene oggetto del contratto, la gravità dell’inadempimento rispetto al contenuto dell’accordo e, soprattutto, occorre valutare la proporzionalità dell’eventuale recesso in relazione al rapporto negoziale sotteso tra le parti.
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