- Pubblicato daGiampaolo Balas
- -Settembre 27, 2025
- -Contenzioso Civile e Arbitrati, Diritto societario, News
L’appello sostituisce integralmente la sentenza di primo grado: unico titolo esecutivo resta quello d’appello, con ricadute pratiche su precetto ed esecuzione

Nel processo civile, la relazione tra la sentenza di primo grado e quella di appello è governata da un principio cardine, consolidato da una giurisprudenza costante della Corte di Cassazione: l’effetto sostitutivo della pronuncia di secondo grado. Tale principio stabilisce che la sentenza d’appello, sia essa di riforma o di mera conferma, si sostituisce in toto a quella di primo grado, diventando l’unico titolo esecutivo su cui fondare un’eventuale azione esecutiva.
1. Il Principio Guida: Unicità del Titolo Esecutivo e Certezza del Diritto
La giurisprudenza di legittimità ha tracciato un solco netto, superando prassi forensi non corrette. Le Sentenze Cass. civ., sez. III, n. 29021/2018 e Cass. civ., sez. III, n. 33443/2022 rappresentano i pilastri recenti di questo orientamento. La Corte ha, infatti, chiarito che la pubblicazione della sentenza di appello non produce un “rafforzamento” o una “validazione” della decisione di primo grado, ma ne determina la caducazione dal punto di vista processuale, assorbendola e sostituendola completamente. Questo principio è stato anche ribadito in numerose pronunce successive (Cass. Civ., Sez. 6, n. 30292/2021 Cit. 1 e Cass. Civ., Sez. 3, n. 26019/2023) secondo cui «L’effetto sostitutivo della sentenza d’appello, la quale confermi integralmente o riformi parzialmente la decisione di primo grado, comporta che […] ove l’esecuzione non sia ancora iniziata, essa dovrà intraprendersi sulla base della pronuncia di secondo grado quale titolo esecutivo da notificare prima o congiuntamente al precetto ai fini della validità di quest’ultimo, anche quando il dispositivo della sentenza di appello contenga esclusivamente il rigetto dell’appello e l’integrale conferma della sentenza di primo grado.» La ratio di questa regola risiede nell’esigenza di garantire la certezza del diritto e la chiarezza dell’obbligazione, evitando la coesistenza di due titoli esecutivi per il medesimo rapporto giuridico.
2. Conseguenze Pratiche: Nullità del Precetto e Applicazioni nella Giurisprudenza di Merito
La conseguenza più diretta di questo principio è la nullità del precetto intimato sulla base della sola sentenza di primo grado, qualora la notifica avvenga dopo la pubblicazione della sentenza d’appello. La giurisprudenza di merito si è prontamente allineata. Un esempio significativo è offerto dal Tribunale di Parma con la sentenza n. 312 del 17 febbraio 2024. In quel caso, il giudice ha dichiarato la nullità di un precetto fondato sulla sentenza di primo grado, essendo già stata pubblicata la sentenza della Corte d’Appello che, sebbene confermativa, costituiva ormai “l’unico titolo giustificativo della pretesa esecutiva”.
3. L'Integrazione "Extratestuale" del Titolo Esecutivo
Una questione delicata sorge quando la sentenza d’appello, pur confermando quella di primo grado, lo fa per relationem, senza riprodurre nel dettaglio il contenuto della condanna. In questi casi, la giurisprudenza ammette un’interpretazione “extratestuale” del titolo. Cass. Civ., Sez. 6, n. 26935/2020 ha chiarito che il titolo esecutivo non si esaurisce nel solo documento giudiziario, ma può essere integrato con elementi esterni, purché idoneamente richiamati. Per tale ragione «è ammissibile, a tal fine, l’integrazione della sentenza emessa dal giudice di appello […] realizzata mediante rinvio espresso alla condanna operata in primo grado, anche se contenuta in una pronuncia dichiarata nulla in sede di impugnazione». In questo scenario, la sentenza di primo grado, pur avendo perso la sua efficacia di titolo esecutivo, assume una valenza meramente “documentale” per determinare il contenuto del comando espresso nel nuovo e unico titolo, ovvero la sentenza d’appello.
4. Esecuzione Già Iniziata al Momento della Pubblicazione della Sentenza d'Appello
Se l’esecuzione forzata è stata avviata in forza della sentenza di primo grado prima della pubblicazione della sentenza d’appello, il processo esecutivo non si arresta automaticamente. La giurisprudenza, tra cui la già citata Cass. n. 29021/2018, precisa che in tal caso “l’esecuzione […] proseguirà sulla base delle statuizioni ivi contenute che abbiano trovato conferma in sede di impugnazione”. La sentenza d’appello, quindi, opera come un limite al perimetro dell’esecuzione già pendente.
5. La Sentenza di Riforma e il Diritto alla Restituzione
Un caso peculiare è quello della sentenza d’appello che riforma la decisione di primo grado, ad esempio rigettando una domanda che era stata accolta. Se il debitore aveva già pagato in forza della provvisoria esecutività della prima sentenza, la riforma fa sorgere in suo favore un diritto alla restituzione delle somme versate. Tuttavia, come chiarito dal Tribunale di Benevento (sentenza n. 1215/2022), la sentenza d’appello di riforma non costituisce automaticamente titolo esecutivo per la restituzione. È necessaria un’esplicita statuizione di condanna alla ripetizione delle somme. In mancanza, il solvens dovrà avviare un autonomo giudizio o formulare un’apposita domanda restitutoria nel corso del giudizio di gravame. Questo principio è stato affermato da Cass. civ., Sez. III, n. 12387/2016, peraltro richiamata nella stessa sentenza del Tribunale.
6. Pagamenti Parziali Eseguiti in Corso di Causa d'Appello
Una recente e importante pronuncia, Cass. Civ., Sez. 1, n. 7934 del 25 marzo 2024, ha affrontato il caso di un pagamento parziale effettuato dal debitore durante il giudizio d’appello. La Corte, superando un orientamento più risalente, ha stabilito che, in virtù dell’effetto sostitutivo, il giudice d’appello ha l’obbligo di tenere conto di tale pagamento e di riformare la sentenza di primo grado per decurtare l’importo già versato. Se non lo facesse, si formerebbe un titolo esecutivo per un importo superiore a quello ancora dovuto, e il debitore non potrebbe far valere il pagamento in sede di opposizione all’esecuzione, poiché le eccezioni opponibili sono solo quelle successive alla formazione del titolo.
7. L'Abuso del Processo: il Frazionamento del Credito Esecutivo
L’unicità del titolo esecutivo si collega strettamente al divieto di abuso degli strumenti processuali. La sentenza Cass. n. 33443/2022 è emblematica in tal senso. La Corte ha qualificato come “abusivo frazionamento del credito” la condotta del creditore che, pur disponendo di un unico titolo (la sentenza d’appello comprensiva delle statuizioni di entrambi i gradi), notifichi due distinti precetti: uno per le spese del primo grado e uno per quelle del secondo. Tale comportamento, secondo la Corte, comporta un’indebita maggiorazione dei costi per il debitore e viola il principio di buona fede e correttezza processuale. Il principio di diritto enunciato è inequivocabile: «integra abusivo frazionamento del credito il contegno del creditore esecutante, il quale – dopo avere intimato al debitore esecutato, con un primo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate per il giudizio di appello conclusosi con la conferma della decisione adottata in prime cure – intimi, con successivo atto di precetto, il pagamento delle spese legali liquidate in primo grado, richiedendo pure ulteriori spese e competenze relative a tale secondo atto di precetto». Questo divieto si inserisce nel più ampio orientamento, inaugurato dalle Sezioni Unite (Sent. n. 23726/2007), che sanziona la parcellizzazione delle domande giudiziali relative a un unico rapporto obbligatorio.
Conclusioni
L’analisi della giurisprudenza, arricchita da questi ulteriori precedenti, conferma e rafforza la tesi che la sentenza d’appello è l’unico provvedimento che guida l’azione esecutiva. La sua pubblicazione determina un effetto “novativo-sostitutivo” che priva la sentenza di primo grado di qualsiasi efficacia esecutiva autonoma.
La prassi, ancora attuale, di agire sulla base del titolo di primo grado, anche in presenza di una sentenza d’appello meramente confermativa, non è solo contraria a un principio di diritto consolidato, ma espone il creditore a rischi concreti: dalla declaratoria di nullità del precetto fino a una possibile condanna per abuso del processo o lite temeraria, con ogni conseguenza processuale.
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