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La risoluzione del concordato preventivo liquidatorio tra oggettività dell’inadempimento e perdita della causa concreta

A cura di Marco Cavaliere

Nota a Trib. Milano, Sez. II Civile, 21 luglio 2025, Pres. De Simone, Est. Pipicelli

1. Premessa

Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Milano affronta con rara chiarezza il tema della risoluzione del concordato preventivo liquidatorio, soffermandosi sui criteri di valutazione della “non scarsa importanza dell’inadempimento” e sulla natura oggettiva del relativo accertamento.
Il Collegio — composto dalla Presidente Dott.ssa De Simone e dal Giudice relatore Dott. Pipicelli — si colloca nel solco di un orientamento interpretativo volto a ricondurre la risoluzione del concordato a una verifica sostanziale della funzione economico-sociale della procedura, intesa come strumento di soddisfazione, anche parziale, della massa creditoria.

2. Il caso concreto

La vicenda trae origine dal ricorso proposto da due creditori chirografari nei confronti della società debitrice, ammessa nel 2019 a concordato preventivo liquidatorio.
Nonostante la proroga semestrale dei termini di esecuzione disposta ex art. 9 del D.L. 8 aprile 2020, n. 23 (“Decreto Liquidità”), alla data del 30 giugno 2024 il piano risultava totalmente inadempiuto.
Le relazioni del liquidatore giudiziale, prodotte nel procedimento, avevano evidenziato l’assoluta incapacità di realizzare gli asset aziendali (otto esperimenti di vendita andati deserti o con esiti marginali) e l’impossibilità di conseguire anche un pagamento minimo dei creditori chirografari, in violazione della percentuale promessa del 26%.
Il Tribunale ha pertanto accertato un’inadempienza strutturale e generalizzata, tale da precludere la realizzazione della causa concreta del concordato e da giustificare la risoluzione del medesimo ai sensi dell’art. 186 l. fall. (ora art. 119 CCII).

3. La gravità dell’inadempimento e la prospettiva oggettiva di valutazione

Il giudice meneghino premette che la valutazione della “non scarsa importanza” dell’inadempimento deve essere condotta avendo riguardo al complesso degli obblighi assunti dal debitore verso la massa dei creditori, e non con riferimento al singolo rapporto obbligatorio.
Il concordato, infatti, rappresenta un negozio plurisoggettivo e composito, in cui la soddisfazione dei creditori è elemento costitutivo della causa e la cui omologa consegue all’approvazione della maggioranza del ceto creditorio.
Ne consegue che la gravità dell’inadempimento deve essere parametrata al mancato raggiungimento dell’obiettivo satisfattivo complessivo del piano, e non all’interesse individuale del creditore istante.

4. La funzione satisfattiva e la perdita della causa in concreto

Il Tribunale ha individuato il parametro decisivo della risoluzione nella oggettiva impossibilità di realizzare la soddisfazione dei creditori nei termini concordatari, sottolineando che il venir meno anche di una soddisfazione minima e non irrisoria dei chirografari priva di causa il negozio concordatario.
La sentenza richiama in tal senso la Cass., Sez. I, n. 20652 del 31 luglio 2019, la quale ha affermato che il concordato “deve essere risolto […] qualora emerga che esso sia venuto meno alla sua funzione di soddisfare in una qualche misura i creditori chirografari e integralmente quelli privilegiati, salvo che l’inadempimento abbia scarsa importanza, tenuto conto della percentuale di soddisfacimento indicata nella proposta dal debitore”.
Il Collegio valorizza inoltre la Cass., Sez. I, n. 18738 del 13 luglio 2018, che ribadisce come la risoluzione debba essere pronunciata “a prescindere da eventuali profili di colpa del debitore, non trattandosi di un contratto a prestazioni corrispettive ma di un istituto avente natura negoziale contemperata da una disciplina che persegue interessi pubblicistici”.

In linea con tali approdi, la sentenza richiama altresì Cass. n. 7942/2010, Cass. n. 13446/2013 e Cass. n. 4398/2015, che hanno posto l’accento sulla irrilevanza dell’imputabilità soggettiva dell’inadempimento, dovendo il giudice verificare solo l’effettiva capacità della procedura di conseguire, in base a criteri di ragionevole previsione, la finalità satisfattiva minima.

In altri termini, la gravità dell’inadempimento si traduce nella perdita della causa in concreto del concordato, laddove la procedura non sia più in grado di assicurare — neppure in minima parte — la realizzazione dell’utilità promessa al ceto creditorio.

5. L’insolvenza sopravvenuta e la segnalazione al Pubblico Ministero

Il Tribunale ha poi rilevato come la società risultasse attualmente insolvente, con un patrimonio netto negativo di circa € 12,4 milioni e un attivo effettivo incapiente rispetto al passivo concordatario.
In applicazione dei principi affermati da Cass., Sez. I, ord. n. 30284 del 14 ottobre 2022 e Cass., Sez. I, ord. n. 7087 del 3 marzo 2022, il giudice ha richiamato la nozione di insolvenza quale situazione di “impotenza strutturale” dell’impresa a soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni con mezzi ordinari.
Non essendo stata proposta istanza di apertura della liquidazione giudiziale, il Collegio ha disposto la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero per le determinazioni di competenza.

6. Considerazioni conclusive

La decisione milanese si distingue per rigore argomentativo e coerenza sistematica.
Essa chiarisce che la risoluzione del concordato preventivo liquidatorio non è rimessa alla valutazione soggettiva della condotta del debitore, bensì alla verifica oggettiva della funzionalità del piano rispetto alla sua causa economico-sociale.
Quando il piano perde la capacità di assicurare anche una minima soddisfazione ai creditori, l’inadempimento non può che qualificarsi di grave entità, comportando la caducazione dell’efficacia dell’accordo e la conseguente segnalazione dell’insolvenza.

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