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Abusivo frazionamento del credito

Le Sezioni Unite della Cassazione ridefiniscono i confini dell'abusivo frazionamento del credito, bilanciando il divieto di abuso dell’azione con la tutela del diritto di azione del creditore.

abusivo frazionamento del credito

Origine della controversia e doppia ingiunzione

La pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione trae origine da una controversia nel settore sanitario. Una struttura privata accreditata con il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), operante nell’ambito della riabilitazione, aveva richiesto due distinti decreti ingiuntivi contro l’ASL: uno per le prestazioni rese nel mese di ottobre 2008, l’altro per quelle erogate a novembre dello stesso anno. Il decreto relativo al mese di ottobre non fu oggetto di opposizione e divenne definitivo. Diversamente, l’ASL propose opposizione contro quello riferito a novembre. Il Tribunale di Napoli accolse l’opposizione e dichiarò improponibile la domanda, ritenendola relativa a una frazione di un unico credito complessivo. La Corte d’Appello di Napoli, con sentenza n. 4545/2017, confermò tale impostazione, rilevando che il ricorso separato per somme già esigibili costituiva frazionamento ingiustificato, in assenza di valide ragioni per la presentazione di più domande giudiziali o per un interesse oggettivamente apprezzabile alla tutela processuale frazionata.

Ragioni della struttura sanitaria e mancanze della Corte territoriale

La Corte d’Appello, pur confermando l’impostazione del primo giudice, non ha approfondito le motivazioni specifiche offerte dalla struttura sanitaria a fondamento della scelta di proporre domande distinte. Secondo la struttura, le prestazioni rese a ottobre 2008 erano immediatamente azionabili in giudizio, mentre quelle relative a novembre presentavano maggiori complessità. In particolare, per le prestazioni di novembre si profilava il rischio del superamento dei tetti di spesa assegnati e della capacità operativa massima autorizzata, circostanze che avrebbero potuto comportare l’esigenza di approfondimenti istruttori ulteriori. Tali elementi, secondo la parte ricorrente, costituivano valide ragioni per distinguere le domande giudiziali. Tuttavia, la Corte territoriale non ha valutato tali elementi, limitandosi a rilevare l’assenza di un interesse oggettivamente apprezzabile. Questo mancato esame ha posto la questione della corretta interpretazione del divieto di frazionamento del credito e dei limiti al diritto di azione del creditore, in caso di contestuale esigibilità di più rate.

Intervento delle Sezioni Unite: chiarimenti e rilievi sistematici

La questione è stata rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con ordinanza interlocutoria della Prima Sezione civile (n. 3643/2024), che ha evidenziato la necessità di chiarire le implicazioni dell’abusivo frazionamento del credito. In particolare, l’intervento si è reso necessario nei casi in cui l’improponibilità della seconda domanda comporti la perdita definitiva del diritto, essendo già intervenuto il giudicato sulla prima parte della pretesa. Il problema di fondo riguarda l’equilibrio tra il divieto di abuso del processo – inteso come utilizzo distorto o strategico dello strumento processuale – e la tutela effettiva del diritto di azione riconosciuto al creditore. Le Sezioni Unite sono quindi chiamate a ridefinire i criteri interpretativi del frazionamento, individuando quando sia legittimo proporre più azioni giudiziali distinte e in quali casi, invece, ciò costituisca un abuso tale da giustificare l’inammissibilità della domanda successiva, pur in presenza di diritti sostanzialmente fondati.

Orientamenti contrastanti nella giurisprudenza di legittimità

La giurisprudenza di legittimità ha manifestato posizioni non uniformi in merito alle conseguenze dell’abusivo frazionamento del credito. L’orientamento prevalente ritiene che tale condotta processuale comporti l’improponibilità della domanda, quale sanzione di carattere meramente processuale. Si precisa, tuttavia, che tale pronuncia in rito non preclude la possibilità di riproporre la pretesa in forma unitaria, ove ciò risulti ancora giuridicamente praticabile. Tra le sentenze rappresentative si segnalano Cass. n. 36433/2023 e Cass. n. 22094/2023. Tale orientamento si fonda sull’esigenza di evitare un uso distorto degli strumenti processuali, che possa compromettere la funzionalità del processo civile. La parcellizzazione arbitraria della pretesa, specie quando riferita a crediti già esigibili, viene vista come un potenziale abuso che altera l’equilibrio tra le parti e aggrava il carico giudiziario. Tuttavia, questo approccio solleva perplessità quando, per effetto del giudicato, la riproposizione unitaria della domanda diventa giuridicamente impossibile.

La posizione minoritaria e la tutela del diritto sostanziale

Una corrente interpretativa minoritaria propone una lettura meno rigida delle conseguenze dell’abusivo frazionamento del credito. Secondo tale impostazione, la sanzione non dovrebbe consistere nell’improponibilità della domanda, ma piuttosto riflettersi sul piano della regolazione delle spese processuali. Il rigetto per improponibilità, in casi in cui la pretesa non sia più azionabile unitariamente, determinerebbe la perdita definitiva del diritto sostanziale: una conseguenza ritenuta eccessiva e sproporzionata. Alcune pronunce hanno evidenziato che il giudicato già formato su una parte del credito non dovrebbe impedire la tutela della parte residua, soprattutto in assenza di intento abusivo. Tale orientamento mira a salvaguardare il diritto di azione, anche in presenza di scelte processuali opinabili, valorizzando il principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale. Si propone, così, un bilanciamento più attento tra l’interesse pubblico al buon andamento del processo e la protezione piena del diritto sostanziale del creditore.

Il rinvio alle Sezioni Unite e l’esigenza di chiarezza nomofilattica

Il contrasto giurisprudenziale ha condotto al rinvio della questione alle Sezioni Unite con l’Ordinanza interlocutoria n. 3643/2024. La Prima Sezione civile ha sottolineato la necessità di chiarire se, in caso di abusivo frazionamento del credito, debba sempre seguirne l’improponibilità della domanda o se, invece, sia preferibile una risposta modulata, che lasci spazio alla tutela del merito sanzionando l’abuso solo con la condanna alle spese. Ulteriori ordinanze di rimessione (Cass. nn. 14835, 14879 e 14940 del 2024) hanno evidenziato l’urgenza di un intervento nomofilattico. L’obiettivo è garantire certezza del diritto, coerenza sistematica e prevedibilità delle decisioni, evitando che l’applicazione rigida del divieto si traduca in una sanzione irragionevole. Il bilanciamento tra contrasto all’abuso del processo e tutela effettiva del diritto d’azione si pone oggi come uno dei nodi fondamentali nell’evoluzione della giurisprudenza in materia processuale civile.

I principi espressi dalle Sezioni Unite

Con la Sentenza n. 7299/2025 dep. il 19.03.2025 in commento, le Sezioni Unite hanno stabilito che i diritti di credito riconducibili a un medesimo rapporto di durata e inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un possibile giudicato non possono essere azionati separatamente, salvo che sussista un apprezzabile interesse alla tutela processuale frazionata. In mancanza di tale interesse, la domanda deve essere dichiarata improponibile. Tuttavia, la Corte ha introdotto un’importante distinzione: quando non sia possibile la riproposizione unitaria della domanda per l’intervenuta formazione del giudicato su una frazione di essa, il giudice deve comunque decidere nel merito, potendo sanzionare l’abuso attraverso la regolamentazione delle spese di lite, fino a porle a carico del creditore vincitore ex artt. 88 e 92 primo comma c.p.c. Questa soluzione rappresenta un punto di equilibrio tra l’esigenza di contrastare comportamenti abusivi e il rispetto del principio di proporzionalità, evitando che la sanzione dell’abuso si traduca nella perdita definitiva del diritto sostanziale.

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