Con l’Ordinanza n. 22.04.2024 n. 10742, la Corte di Cassazione fa il punto sull’esercizio e sul contenuto della sindacabilità delle scelte di gestione da parte degli amministratori da cui possano scaturire ipotesi di responsabilità nei riguardi dei creditori sociali, confermando che l’onere probatorio è posto integralmente a carico del creditore circa la prova dell’ irragionevolezza della gestione. La Corte, confermando alcuni precedenti, afferma che “l'insindacabilità del merito delle scelte di gestione trova un limite nella ragionevolezza delle stesse, da valutarsi ex ante secondo i parametri della diligenza del mandatario, tenendo conto dell'eventuale mancata adozione da parte degli amministratori delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per quel tipo di scelta e della diligenza mostrata nell'apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all'operazione da intraprendere, di talché, una volta verificatane l'irragionevolezza, gli amministratori rispondono dei danni conseguenti alla cagionata insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare le ragioni dei creditori.” L’azione di responsabilità può essere promossa dal creditore sociale che deve dar PROVA (art. 2697 c.c.): 1. della irragionevolezza della condotta dell’amministratore della scelta gestionale, intesa come assenza di diligenza nella conservazione e gestione del patrimonio sociale e dell’insufficienza conseguentemente arrecata alla garanzia generica che lo stesso rappresenta (dolo o colpa); 2. che la scelta gestionale ha comportato il venir meno del patrimonio destinato al soddisfacimento delle ragioni dei creditori sociale (nesso di causalità); 3. del danno subìto per effetto dell’assenza di ragionevolezza nella gestione. Gli amministratori che vi hanno concorso (anche nell’ipotesi di cessazione dalla carica) rispondono personalmente e solidalmente (art. 2932, comma 1, e art. 2055 c.c.).