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Lacune contabili e inattività della società: la Cassazione conferma la bancarotta fraudolenta documentale

La Corte di Cassazione chiarisce i confini tra negligenza e dolo nella gestione contabile delle società fallite.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 42388/2023 Sez. V Penale, ha esaminato la posizione di un amministratore accusato di bancarotta fraudolenta documentale, analizzando le criticità emerse nella gestione delle scritture contabili della società fallita. La difesa ha argomentato che le scritture contabili disponibili consentivano una ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della società fino al 31 dicembre 2012. Nel periodo successivo, dal 1° gennaio al 10 aprile 2013, la società era inattiva, e non si erano verificate movimentazioni finanziarie tali da modificare la situazione patrimoniale già delineata. Elementi chiave: Secondo la difesa, l'assenza di aggiornamenti contabili nel 2013 era attribuibile a una mera negligenza, che non avrebbe causato alcun pregiudizio ai creditori. Di conseguenza, il reato contestato avrebbe dovuto essere qualificato come bancarotta semplice documentale anziché fraudolenta. La Corte ha rigettato la difesa e confermato la responsabilità per bancarotta fraudolenta documentale sulla base di due punti chiave: L’assenza di aggiornamenti contabili nei primi mesi del 2013, nonostante l’inattività della società, è stata ritenuta significativa perché ha impedito una chiara ricostruzione della situazione patrimoniale e creditoria.La mancata regolarità nella tenuta delle scritture contabili, combinata con una gestione poco trasparente, ha evidenziato un comportamento intenzionale volto a ostacolare la ricostruzione dei rapporti economici della società, consolidando l’ipotesi di dolo.

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