Corte di Cassazione penale, sezione IV, 4.4.2024, n. 23049 Il caso: titolare di una ditta individuale, in qualità di datore di lavoro, viene condannato in primo grado e poi assolto in appello per l’infortunio subito da un suo dipendente durante la pulizia di macchinari con l’uso di soda caustica. Avverso la sentenza di assoluzione ha proposto ricorso per cassazione la parte civile ai soli effetti civili, deducendo che, per pacifica giurisprudenza, il datore di lavoro deve vigilare anche sul preposto, al fine di impedire che con il consenso di quest’ultimo si instauri una prassi contra legem, foriera di pericoli per i lavoratori; pertanto, nel caso di specie l’imputato era responsabile in quanto dal dibattimento era emersa l’esistenza di una pregressa prassi aziendale in base alla quale le operazioni di pulitura delle vasche con soda caustica avvenivano senza previa formazione dei lavoratori e senza l’uso di dispositivi di protezione. Decisione: Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione ha ribadito due principi. Ilprimo: grava sul datore di lavoro l’obbligo di vigilare per impedire l’instaurazione di prassi contra legem foriere di pericoli per i lavoratori, sicché, ove si verifichi un incidente in conseguenza di tale prassi instauratasi con il consenso del preposto, il datore di lavoro risponde ugualmente per omessa vigilanza sul comportamento del preposto. Ilsecondo: la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e come tale idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo non tanto ove sia imprevedibile quanto, piuttosto, ove dia luogo ad un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal datore di lavoro quale titolare della posizione di garanzia ovvero sia stata posta in essere del tutto autonomamente ed in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro . Conclusione: non è sufficiente la nomina del preposto per escludere la responsabilità del datore di lavoro, in quanto lo stesso deve vigilare pure sul comportamento del preposto onde evitare che con il suo consenso si instaurino prassi lavorative pericolose per gli addetti. In definitiva, nonostante l’evoluzione giurisprudenziale, rimane sempre sottile il confine con la responsabilità oggettiva, non ammessa in ambito penale.