- Pubblicato daOlga Durante
- -Marzo 25, 2025
- -Diritto societario
Cassazione: nullo il decreto che liquida il compenso senza motivazione adeguata

Il principio costituzionale della motivazione
Nel sistema processuale, l’obbligo di motivare i provvedimenti rappresenta un presidio di garanzia e trasparenza. Ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., la Cassazione può rilevare solo l’assenza del cosiddetto “minimo costituzionale” della motivazione. Questo si verifica quando il giudice omette di esporre gli elementi a fondamento della decisione o si limita a formule stereotipate, rendendo incomprensibile l’iter logico. La motivazione deve consentire il controllo sulla logicità e correttezza del provvedimento. Non è sufficiente un rinvio generico ad atti precedenti, specie se l’opponente ha sollevato censure specifiche. La Corte di Cassazione afferma che anche nei giudizi di opposizione ex art. 170 D.P.R. n. 115/2002 e art. 15 D.Lgs. n. 150/2011, il giudice ha l’obbligo di motivare autonomamente, salvo che il provvedimento impugnato sia già adeguatamente argomentato. Il rispetto di tale obbligo è indispensabile anche nel caso del compenso amministratore giudiziario.
Liquidazione del compenso: criteri e oneri del giudice
Ai sensi del D.P.R. 7 ottobre 2015, n. 177, la liquidazione del compenso amministratore giudiziario deve essere effettuata secondo criteri ben precisi. Il giudice è tenuto ad indicare quale delle ipotesi previste dall’art. 3, comma 1, abbia applicato. Questo è tanto più rilevante quando i beni amministrati rientrino in più categorie (mobili, immobili, aziende, ecc.). Inoltre, la determinazione dell’importo deve tenere conto della qualità e quantità dell’attività svolta, delle difficoltà incontrate e dei risultati ottenuti. È essenziale che il provvedimento riporti una verifica dettagliata delle prestazioni svolte, correlando le stesse alle voci indicate nell’istanza di liquidazione. La mancanza di tali elementi rende il decreto affetto da nullità per difetto assoluto di motivazione, precludendo ogni possibilità di controllo da parte del giudice di legittimità.
Il caso esaminato dalla Cassazione
Con ordinanza n. 6924 del 15 marzo 2025, la Suprema Corte ha accolto il ricorso avverso un’ordinanza del tribunale emessa in sede di opposizione alla liquidazione del compenso. Il tribunale, infatti, si era limitato a richiamare il precedente decreto, senza fornire alcuna valutazione autonoma sui motivi di opposizione sollevati. In particolare, non aveva indicato da quali beni fosse composto il compendio amministrato, né quale fosse la disposizione applicata per la quantificazione del compenso. Inoltre, mancava completamente l’analisi dell’attività effettivamente svolta e dei risultati conseguiti. La Corte ha ritenuto che l’ordinanza fosse nulla per assenza del minimo costituzionale della motivazione, trattandosi di una decisione arbitraria e priva di un percorso logico-argomentativo comprensibile. Questo orientamento rafforza l’idea che l’obbligo motivazionale non possa essere eluso nemmeno nei procedimenti semplificati o non contenziosi, a tutela del diritto di difesa e del principio di legalità.
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