- Pubblicato daAnna Pizzini
- -Giugno 10, 2025
- -Crisi d’impresa, Diritto societario, News
Cassazione su confisca e sequestro: profili soggettivi e limiti applicativi

Presupposti e i limiti applicativi della confisca nei reati di bancarotta e autoriciclaggio
Con la sentenza n. 20333/2025, la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione si pronuncia su un ricorso relativo alla legittimità del sequestro preventivo disposto nei confronti di un soggetto indagato per bancarotta fraudolenta patrimoniale e autoriciclaggio. Al centro del provvedimento vi è il tema della corretta qualificazione e articolazione del sequestro finalizzato alla confisca — diretta o per equivalente — alla luce del principio costituzionale della personalità della responsabilità penale e del correlato arricchimento patrimoniale. L’analisi della Corte ruota attorno alla distinzione concettuale e cronologica tra le condotte incriminate e alla necessità di dimostrare che il profitto dei reati sia effettivamente entrato nella disponibilità del reo.
Il fatto contestato e le norme applicate
La vicenda giudiziaria trae origine da un provvedimento di sequestro preventivo adottato nei confronti di un soggetto che, nella sua qualità di amministratore formale di una società, avrebbe concorso alla distrazione di una somma pari a circa 906.000 euro da una società in liquidazione, formalmente a titolo di “restituzione finanziamento soci”. Detto importo sarebbe stato poi reinvestito nella società amministrata dal ricorrente, che proseguiva l’attività aziendale della società distratta. Al ricorrente sono stati contestati i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale (art. 216 L.F. – oggi 322 CCII) e autoriciclaggio (art. 648-ter.1 c.p.).
Il sequestro in parola era finalizzato alla confisca del profitto di tali reati, ma la difesa ha eccepito la violazione di diversi principi, contestando l’assenza di prova di un effettivo arricchimento personale dell’indagato e sottolineando che i beni sequestrati non erano nella sua disponibilità esclusiva, ma della società. Inoltre, è stato messo in dubbio il fondamento del concorso tra bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio, ritenendo che le due condotte si sovrapponessero.
Analisi degli istituti giuridici coinvolti
Il cuore del dibattito giuridico risiede nel rapporto tra bancarotta fraudolenta patrimoniale e autoriciclaggio, e nei riflessi che tale rapporto ha sulla legittimità del sequestro preventivo. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la confisca può dirsi “diretta” quando colpisce il bene che costituisce profitto del reato, mentre è “per equivalente” quando viene appreso un bene diverso di pari valore. Tuttavia, la confisca per equivalente non è ammessa per tutti i reati: per la bancarotta fraudolenta patrimoniale, ad esempio, essa è espressamente esclusa.
Nel caso di specie, la Corte ha ricordato come, affinché si configuri l’autoriciclaggio, sia necessario un comportamento dissimulatorio autonomo e successivo alla condotta distrattiva, volto a reinvestire il profitto in attività economiche lecite. Tale requisito è stato ritenuto sussistente, poiché la distrazione della somma è stata seguita da un’operazione triangolare di reinvestimento, mediante la quale il denaro è transitato da una società all’altra, simulando legittimità. Tuttavia, la legittimità del sequestro preventivo è stata valutata in modo più critico dalla Corte, che ha distinto tra il fumus del reato — ritenuto sussistente — e la prova dell’arricchimento personale del soggetto, indispensabile per giustificare l’ablazione.
La soluzione della Corte
La Corte ha accolto parzialmente il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale del riesame nella parte in cui aveva disposto il sequestro preventivo nei confronti dell’indagato, in assenza della dimostrazione di un suo arricchimento personale. Tale decisione si fonda su una concezione garantista della funzione della confisca per equivalente, la quale, pur avendo anche una funzione sanzionatoria, resta essenzialmente uno strumento di recupero del profitto illecito. È stato ribadito che, in mancanza della prova che il profitto del reato sia confluito nella sfera giuridica del soggetto, non è possibile disporre alcuna forma di confisca — né diretta né per equivalente — nei suoi confronti.
Con questa pronuncia, la Cassazione rafforza l’idea che il sequestro preventivo non possa diventare una forma surrettizia di sanzione, ma debba restare ancorato alla logica della pertinenzialità e dell’effettivo vantaggio economico. Il giudice del rinvio è stato così chiamato a un nuovo esame, più attento ai profili soggettivi della responsabilità e ai requisiti di legittimità del vincolo ablativo. La sentenza si colloca nel solco di un’interpretazione rigorosa e coerente con i principi costituzionali di legalità, personalità e proporzionalità della misura cautelare reale.
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