- Pubblicato daAntonio Gentile
- -Aprile 23, 2025
- -Diritto tributario, News
Con l’ordinanza 50/2025, la Consulta respinge la questione sollevata dalla CGT di Udine: l’imputazione dei redditi per trasparenza agli accomandanti è coerente con i principi costituzionali.

Con l’ordinanza n. 50/2025, depositata il 17 aprile 2025, la Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1, del TUIR (D.P.R. 917/1986), nella parte in cui prevede l’imputazione dei redditi per trasparenza ai soci accomandanti delle società in accomandita semplice, anche in assenza di una loro percezione effettiva.
Il caso
La questione è stata sollevata dalla Commissione Tributaria di primo grado di Udine nel corso di un giudizio tra una socia accomandante e l’Agenzia delle Entrate. La contribuente, infatti, contestava un avviso di accertamento IRPEF, sostenendo di non aver percepito alcun reddito dalla società e di essere rimasta del tutto estranea alla sua attività economica.
Il giudice rimettente ha ritenuto la questione di legittimità costituzionale rilevante e non manifestamente infondata. In particolare, ha evidenziato che la scelta del legislatore di imputare il reddito anche al socio accomandante, indipendentemente dalla percezione, risulterebbe in contrasto con i seguenti principi:
di uguaglianza (art. 3, primo comma, Cost.), poiché non si terrebbe conto del diverso potere di controllo del socio accomandante rispetto a quello dei soci delle società semplici e in nome collettivo (disparità interna), né rispetto a quello dei soci di S.r.l. (disparità esterna);
di capacità contributiva (art. 53, primo comma, Cost.), in quanto verrebbero colpiti dalla tassazione soggetti che non hanno effettivamente percepito redditi;
del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.), poiché non è previsto il coinvolgimento del socio accomandante nel contraddittorio procedimentale precedente all’emissione dell’avviso di accertamento. Inoltre, il socio non potrebbe accedere direttamente alla documentazione sociale, dovendosi pertanto affidare alla collaborazione dei soci accomandatari.
La risposta della Corte
La Corte Costituzionale, con riferimento alla sentenza n. 201/2020, ha respinto tutte le eccezioni di legittimità costituzionale. Di seguito le motivazioni fornite rispetto a ciascun profilo.
Uguaglianza
Secondo la Consulta, anche il socio accomandante dispone di strumenti di controllo previsti dagli articoli 2261 e 2320 del codice civile. Pertanto, non sussiste né la discriminazione interna né quella esterna. Inoltre, la diversità strutturale tra le società di persone e le società di capitali giustifica il diverso trattamento fiscale.
Tuttavia, la Corte ha ritenuto non pertinente il richiamo del giudice rimettente all’art. 116 TUIR. Mentre nel caso delle S.r.l. la trasparenza è opzionale, per le società di persone rappresenta una tipizzazione legale, non una presunzione di distribuzione degli utili.
Capacità contributiva
A giudizio della Corte, il legislatore ha individuato nella relazione tra reddito e socio un valido indice di capacità contributiva. Infatti, l’imputazione per trasparenza si fonda sul presupposto che il socio “possiede” fiscalmente il reddito della società, anche se non lo percepisce.
Di conseguenza, il meccanismo è coerente con il principio di capacità contributiva. In aggiunta, la minore formalizzazione contabile delle società di persone giustifica l’adozione di un regime che consenta un maggior presidio contro l’elusione fiscale.
Diritto di difesa
Infine, la Corte ha osservato che, sebbene l’accertamento sia formalmente a carico della società, sul piano sostanziale il socio è parte coinvolta. Per questo motivo, la giurisprudenza ha riconosciuto il litisconsorzio necessario tra società e soci. Ciò consente, attraverso il pieno contraddittorio, di accertare correttamente il presupposto impositivo, tenuto conto dell’unitarietà dell’accertamento IRPEF tra società e soci.
Conclusioni
La tassazione per trasparenza prevista dall’art. 5, comma 1, del TUIR si applica anche ai soci accomandanti delle società in accomandita semplice, indipendentemente dalla percezione degli utili. Secondo la Consulta tale disciplina non viola i principi di uguaglianza, capacità contributiva o diritto di difesa, in quanto risulta fondata su una tipizzazione legale coerente con la struttura civilistica contabile e fiscale delle società di persone.
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