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Danno “diretto” del socio e responsabilità degli amministratori

Il danno da perdita quota o dividendi non è sempre risarcibile al socio.

danno diretto del socio

Il caso

Un socio di una S.r.l. ne ha convenuto in giudizio gli amministratori, chiedendone la condanna al risarcimento del danno per il dissesto finanziario della società. La domanda risarcitoria era fondata, in via principale, sull’art. 2395 c.c. e, in via subordinata, sull’art. 2043 c.c.. Il danno lamentato dal socio consisteva nella diminuzione del valore della sua quota sociale e nella mancata percezione di dividendi, asseritamente cagionate da condotte dolose degli amministratori per vendite non fatturate e conseguente sottrazione di capitali e risorse alla società. Il Tribunale di Pesaro e la Corte d’Appello di Ancona hanno entrambi respinto le domande attoree

La decisione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del socio, confermando le sentenze di merito. La Suprema Corte ha ribadito che:

– l’azione individuale del socio (ex art. 2395 c.c.) è esperibile solo quando il danno lamentato costituisce una conseguenza immediata e diretta dell’atto colposo o doloso dell’amministratore. Non è risarcibile il danno che sia un mero “riflesso” del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale;

– la mancata percezione di utili (in assenza di una delibera di distribuzione) e la diminuzione del valore della quota di partecipazione non costituiscono un danno diretto del singolo socio. Questo perché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all’eventuale delibera assembleare di distribuzione, e la quota è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell’amministratore;

– sono danni che investono in modo immediato la situazione soggettiva del socio quelli ritenuti “esistenti nel caso di non veritiera rappresentazione della società che abbia indotto all’acquisto di azioni a un prezzo difforme da quello reale (Cass. 12 giugno 2007, n. 13766, non massimata in CED), nell’ipotesi del liquidatore di una società cooperativa edilizia che storni a copertura del debito di un socio inadempiente il versamento effettuato da altro socio per il pagamento della sua rata (Cass. 17 novembre 1982, n. 6154), o ancora nel caso della mancata consegna, ai sottoscrittori, delle azioni corrispondenti al valore nominale delle somme versate (Cass. 10 aprile 1979, n. 2055).”

– se posta in relazione a un pregiudizio come la diminuzione del valore della quota, la mancata rappresentazione di dati veridici di bilancio non può considerarsi motivo sufficiente per il risarcimento diretto

Spunti rilevanti
  1. Rapporti tra Società e Socio: La sentenza rimarca la netta distinzione tra la società di capitali e i suoi soci e, in particolare, la spiccata autonomia giuridica tra patrimonio sociale e partecipazione sociale.
  2. Esclusione del danno riflesso: se conseguenti a un pregiudizio al patrimonio sociale la diminuzione del valore della partecipazione o la mancata percezione di dividendi non sono considerate danni diretti risarcibili al socio individualmente, che è semplice portatore di una posizione di “mero interesse” rispetto alla conservazione del patrimonio sociale.
  3. Esempi di danno diretto: La Corte elenca casi in cui il danno del socio può considerarsi diretto: rappresentazione non veritiera della società che induce all’acquisto di azioni a prezzo difforme dal reale, storno di versamenti a copertura del debito di socio inadempiente di cooperativa edilizia, mancata consegna ai sottoscrittori di azioni corrispondenti al valore nominale delle somme versate.

 

Conclusione

La pronuncia ribadisce l’orientamento giurisprudenziale sul punto: il socio che intende agire ex art. 2395 c.c. contro gli amministratori per far valere la loro responsabilità deve dimostrare l’esistenza di un danno che incida in modo immediato sulla sua sfera giuridica personale e non già il danno che sia un mero “riflesso” del pregiudizio arrecato al patrimonio sociale.

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