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L’Avvocato e i doveri di probità, dignità e decoro privato

Esplora come la vita privata degli avvocati incide sulla professione e sull'etica legale, tenendo conto dei doveri di probità e dignità. Un approfondimento su deontologia e responsabilità.

Doveri di probità e dignità

La normativa vigente. La nuova Legge Professionale

La Legge Professionale (Legge 31/12/2012 – N. 247) e il Codice Deontologico disciplinano i comportamenti degli avvocati, estendendo le regole anche alla vita privata. L’articolo 3 della Legge impone che la professione forense venga esercitata con doveri di probità e dignità, non solo nel contesto professionale ma anche nella vita privata. Questo implica che anche le azioni private possano avere ripercussioni sull’immagine e sulla reputazione della professione.

Il Codice Deontologico, nell’Art. 9, conferma che l’avvocato deve mantenere un comportamento conforme ai principi di probità, dignità e decoro, anche al di fuori dell’esercizio professionale. Ciò implica che un comportamento scorretto o indecoroso nella vita privata possa essere oggetto di sanzioni disciplinari.

Il caso all’esame della Corte di Cassazione

Il caso sottoposto all’esame delle SS.UU. della Corte di Cassazione (Sentenza del 11/03/2025, n. 6439) riguarda la radiazione di un Avvocato dall’Ordine professionale per essere stato sottoposto a procedimento penale per molteplici ipotesi delittuose riguardanti gravi reati (tra gli altri, riciclaggio, usura, omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali e del mancato pagamento delle imposte, con riferimento alla società), per i quali, tuttavia, era intervenuta la prescrizione e, dunque, senza che sia intervenuta alcuna condanna da parte dell’Autorità giudiziaria procedente. Nel merito, il CDD (Consiglio Distrettuale di Disciplina (CDD), Organismo al quale la Nuova disciplina dell’ordinamento professionale forense conferisce il compito del controllo disciplinare sugli avvocati iscritti all’albo), secondo la Corte di Cassazione del tutto correttamente, aveva ritenuto sussistente la responsabilità dell’Avvocato in merito a tutti capi oggetto di contestazione, responsabilità chiaramente evincibile dagli esiti delle indagini penali correttamente acquisite al procedimento disciplinare.

Il principio espresso dalle Sezioni Unite

La Corte di Cassazione, in considerazione dell’atipicità dell’illecito disciplinare dell’Avvocato, non può sostituirsi all’organo disciplinare nel valutare se una condotta rientri in una previsione disciplinare generale, come quella che sanziona gli atti lesivi del decoro e della dignità professionali, inclusi i doveri di probità e dignità. La Corte può solo sindacare la ragionevolezza con cui l’organo disciplinare ha ricavato, dalla previsione deontologica generale, il precetto da applicare al caso concreto. Poiché la norma deontologica non fornisce una lista tassativa di condotte illecite, il sindacato di legittimità deve considerare che la categoria normativa impiegata assegna agli Organi disciplinari forensi il compito di individuare le condotte sanzionabili. La Corte richiama una pronuncia precedente delle Sezioni Unite (Cass. SU n. 26369/2024) che ha ribadito la competenza esclusiva dell’Ordine professionale nell’individuare tali condotte.

Conclusioni

Il Riflesso Deontologico dei Comportamenti Privati dell’Avvocato

La pronuncia in commento conferma che le attività svolte dall’Avvocato nella vita privata, in violazione dei doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza, hanno un diretto riflesso deontologico sul rapporto con l’Ordine di appartenenza. Questo si verifica in quanto si vuole tutelare e salvaguardare l’immagine della professione forense, considerando l’interesse pubblico al corretto esercizio della professione. La Corte di Cassazione si concentra sulle modalità di esame e valutazione della condotta, confermando alcuni principi fondamentali. In primo luogo, viene sottolineata l’atipicità dell’illecito disciplinare dell’Avvocato, poiché non esiste una lista tassativa dei comportamenti vietati. Il nuovo sistema deontologico si basa sul principio della tipizzazione delle condotte disciplinarmente rilevanti, ma non è possibile individuare in modo dettagliato tutti i comportamenti (anche nella vita privata) che potrebbero costituire illecito disciplinare, rendendo necessaria una valutazione più generica e non meramente esemplificativa.

L’Atipicità dell’Illecito Disciplinare e la Competenza degli Organismi Disciplinari

Inoltre, la Corte richiama la Legge Professionale e le disposizioni del Codice Deontologico Forense, ribadendo la competenza esclusiva del Consiglio Distrettuale di Disciplina e degli Organismi Disciplinari nell’individuare la condotta nella vita privata che possa essere censurabile sotto il profilo deontologico. La Corte di Cassazione, in fase di impugnazione, ha il compito di sindacare la ragionevolezza della decisione disciplinare, ma non può sostituirsi agli organi competenti nel determinare se una determinata condotta costituisca o meno illecito. Si evidenzia, dunque, un rapporto osmotico tra le condotte assunte dall’Avvocato nella vita privata e la violazione dei doveri imposti dal Codice Deontologico Forense e dalla Legge Professionale. Nonostante il limite dell’atipicità dell’illecito disciplinare, che deriva dall’impossibilità di fornire una descrizione tassativa dei comportamenti rilevanti, la difficoltà di individuare con precisione tali limiti implica che l’Avvocato possa trovarsi in situazioni dove comportamenti socialmente accettabili possano comunque ledere i suoi doveri professionali.

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