- Pubblicato daAnna Pizzini
- -Aprile 16, 2025
- -Diritto penale, Diritto tributario, News

Con la sentenza n. 9160 del 7 aprile 2025, la Corte di Cassazione, Sezione V Civile, ha confermato il rigetto del ricorso presentato da un imprenditore individuale coinvolto in una complessa vicenda di frode IVA cosiddetta “carosello”. Il caso offre l’occasione per esaminare alcuni profili centrali del diritto tributario, tra cui la prova della partecipazione consapevole alla frode, il rilievo del giudicato penale nel contenzioso fiscale e l’onere probatorio gravante sul contribuente. La pronuncia si colloca all’interno di un consolidato orientamento giurisprudenziale, sia interno che unionale, in tema di operazioni soggettivamente inesistenti e rafforza la necessità, per gli operatori economici, di agire con diligenza nelle operazioni commerciali intracomunitarie.
1. I fatti e l’accertamento dell’Amministrazione finanziaria
Al contribuente, titolare della ditta individuale Drive Car, è stato notificato un avviso di accertamento per l’anno d’imposta 2005, a seguito di un processo verbale di constatazione della Direzione Provinciale di Forlì-Cesena. L’Agenzia delle Entrate (AdE) ha contestato la detrazione indebita di IVA su fatture soggettivamente inesistenti, sostenendo che il contribuente fosse consapevole di agire come interponente in un meccanismo fraudolento di frode carosello. In particolare, l’acquisto di veicoli da fornitori fittiziamente interposti, con successiva rivendita sul mercato nazionale a prezzi anomali, ha fatto emergere varie irregolarità: assenza di documenti di trasporto, pagamenti per contanti, fatture incomplete e rapporti diretti con fornitori esteri. Oltre all’indebita detrazione IVA per oltre 172.000 euro, sono emerse violazioni relative ad acquisti intracomunitari non regolarizzati, errata applicazione del regime del margine e irregolarità contabili ai fini IRPEF e IRAP. Nonostante un parziale annullamento in autotutela, l’AdE ha rideterminato il reddito imponibile e le relative imposte, sanzioni e interessi.
2. Il procedimento penale assolutorio e il tentativo di invocare il giudicato
Parallelamente al contenzioso tributario, il contribuente è stato sottoposto a procedimento penale per i medesimi fatti, conclusosi con sentenza assolutoria ex art. 530, comma 2, c.p.p., “perché il fatto non sussiste”. Il contribuente ha invocato tale pronuncia anche nel giudizio tributario, ritenendo che il giudicato penale potesse inficiare l’accertamento fiscale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha chiarito che la sentenza penale resa ai sensi dell’art. 530, comma 2, non accerta positivamente l’inesistenza del fatto, ma si limita a rilevare l’insufficienza della prova. Pertanto, essa non ha effetto vincolante nel processo tributario, ai sensi dell’art. 21-bis del D.Lgs. 74/2000. In altri termini, l’assenza di prova certa in sede penale non impedisce all’Amministrazione di procedere all’accertamento, né vincola il giudice tributario, che rimane autonomo nella valutazione degli elementi a disposizione.
3. Presunzioni, diligenza del contribuente e riparto dell’onere probatorio
Uno dei punti nevralgici della sentenza riguarda il tema del “frodi carosello onere prova”. La Corte ribadisce che l’Amministrazione ha l’onere di dimostrare, anche mediante presunzioni semplici, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere – con l’ordinaria diligenza – di partecipare a una frode IVA. La CTR Emilia-Romagna ha riconosciuto assolto tale onere, fondandosi su una pluralità di indizi gravi, precisi e concordanti: fatture incomplete, pagamenti anticipati in contanti, assenza di documentazione di trasporto e rapporti diretti con fornitori esteri. Il contribuente, al contrario, non ha dimostrato di aver adottato misure adeguate di verifica. In conformità con la giurisprudenza unionale (cause Kittel, PPUH, Bonik), è sufficiente che il contribuente potesse conoscere la frode per negare la detrazione IVA. In sintesi, il comportamento richiesto è proattivo e proporzionato al ruolo professionale svolto.
4. Conclusioni
La pronuncia si inserisce in un orientamento consolidato che valorizza il ruolo attivo dell’operatore economico nel prevenire le frodi IVA. Infatti, la detrazione può essere negata anche in assenza di dolo, se il contribuente avrebbe potuto percepire l’anomalia con la normale diligenza. Inoltre, viene esclusa l’efficacia preclusiva del giudicato penale fondato su prova insufficiente. Ne consegue che, da un punto di vista operativo, gli operatori devono adottare un approccio rigoroso nella gestione documentale e nella selezione dei fornitori. Solo così è possibile ridurre il rischio di accertamenti, con le conseguenti ricadute economiche e sanzionatorie
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