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Roma boccia il PRO solo liquidatorio: servono piani con continuità

Il Tribunale di Roma respinge i PRO privi di continuità aziendale effettiva

PRO solo liquidatorio inammissibile

Il Tribunale di Roma e la nuova interpretazione sull’ammissibilità

Con una recente pronuncia, il Tribunale di Roma ha affermato che un PRO solo liquidatorio inammissibile non può accedere alla procedura prevista dall’art. 64-bis del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII). Nello specifico, il giudice ha rigettato un piano che prevedeva esclusivamente la liquidazione dell’attivo, senza alcuna forma di continuità aziendale. Secondo l’interpretazione fornita, il legislatore ha voluto che il piano di ristrutturazione fosse orientato alla salvaguardia dell’attività, e non limitato a una semplice dismissione. Pertanto, un PRO solo liquidatorio inammissibile contrasta con la ratio dello strumento. Questa decisione segna una netta distinzione rispetto ad alcuni orientamenti di merito più flessibili e conferma la centralità della continuità d’impresa nel sistema delle soluzioni alla crisi. Di conseguenza, si esclude che un piano che abbia finalità meramente liquidatorie possa costituire una risposta idonea alla situazione di difficoltà economica dell’impresa.

I rischi costituzionali e la Direttiva Insolvency

Secondo il Tribunale di Roma, un PRO solo liquidatorio inammissibile rappresenta anche una potenziale violazione dei principi costituzionali, oltre che dei diritti dei creditori. Infatti, un piano di ristrutturazione dovrebbe tendere al superamento della crisi mediante la conservazione del valore aziendale e non al suo annullamento. In quest’ottica, il legislatore – in armonia con la Direttiva Insolvency – richiede che ogni proposta offra prospettive concrete di continuità, anche se parziale. Un PRO solo liquidatorio inammissibile, al contrario, priva l’ordinamento di uno strumento utile al risanamento, traducendosi in una mera anticipazione del fallimento. Inoltre, un piano fondato esclusivamente sulla liquidazione non consente una valutazione comparativa tra le diverse alternative che potrebbero garantire una maggiore soddisfazione dei creditori. Per tali motivi, l’assenza di progettualità futura è elemento determinante per escludere l’ammissibilità del piano.

Le peculiarità del PRO e il ruolo del ceto creditorio

Il PRO, pur essendo ispirato al concordato preventivo, assume una struttura autonoma, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di derogare al principio della par condicio creditorum. Tuttavia, tale deroga è giustificata solo se il piano rispetta l’interesse del ceto creditorio e presenta concrete prospettive di ristrutturazione. Un PRO solo liquidatorio inammissibile non soddisfa tali requisiti, in quanto si limita alla vendita degli asset senza alcuna logica di continuità. È fondamentale sottolineare che la gestione del debitore durante la procedura deve essere funzionale alla tutela dei creditori, non alla dissoluzione dell’impresa. Inoltre, in mancanza di un disegno strategico che preveda la prosecuzione, anche indiretta, dell’attività, viene meno la stessa utilità dello strumento. Per tali ragioni, è del tutto coerente con l’assetto normativo ritenere un PRO solo liquidatorio inammissibile, sia sotto il profilo giuridico che economico.

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