Con Ordinanza n. 14414/2024, la Cassazione ha confermato che, in tema di fusione per incorporazione, la società incorporata può essere dichiarata fallita, ai sensi dell’art. 10 l. fall. (oggi art. 33 CCII), entro un 1 dalla sua cancellazione dal registro delle imprese, purché l’insolvenza si sia manifestata prima o entro un anno da tale termine. La Suprema Corte, adottando un approccio a tutela dei creditori, ha chiarito che la fusione per incorporazione - sebbene comporti la continuità dell’attività d’impresa, con il trasferimento dei rapporti giuridici alla società incorporante - non può impedire alla società incorporata di sottrarsi alle conseguenze del suo dissesto. Massima: "La società incorporata, se insolvente, è soggetta a fallimento entro un anno dalla sua cancellazione. FAQ: La fusione può prevenire il fallimento della società incorporata? No, se la società è insolvente, può essere dichiarata fallita anche dopo la fusione. Schema Riassuntivo: Società incorporata insolvente Fallibile entro 1 anno. Fusione Non blocca le procedure concorsuali. Debiti Restano a carico della società incorporata e trasferiti all’incorporante. Fusione o non fusione, l'insolvenza non si può nascondere! Detta regola di matrice giurisprudenziale, tuttavia, è stata oggetto di critiche. Alcuni recenti contributi, infatti, hanno evidenziato che: ⁃ non esiste alcuna disposizione di legge che espressamente contempli la “cancellazione” dal registro delle imprese delle società fuse; ⁃ tale formalità pubblicitaria, prescritta solo dagli artt. 2312 e 2495 c.c., perfeziona la fattispecie di estinzione della società in liquidazione, ponendo irreversibilmente fine all’esistenza dell’ente; ⁃ la fusione mediante incorporazione, invece, si configura come un’operazione di “scioglimento senza liquidazione” (in questi termini, l’art. 89 della direttiva UE 2017/1132), che estingue unicamente l’autonoma soggettività giuridica della società incorporata, ma non elimina il contratto sociale, né scioglie il vincolo di destinazione del patrimonio comune; ⁃ pronunciare il fallimento dell’incorporata equivale a riconoscere un’autonoma capacità giuridica della società dopo l’incorporazione, laddove è pacifico, tanto sul piano nazionale quanto su quello europeo, che la fusione comporti la perdita di autonomia delle società partecipanti (cfr. art. 2504-bis c.c. e art. 105 dir. UE 2017/1032); ⁃ appare adeguata, del resto, la tutela che il legislatore già riconosce ai creditori della società incorporata, i quali, in ogni caso, possono avvalersi dell’apposito rimedio ex ante dell’opposizione (art. 2503 c.c.); ovvero fare valere ex post le proprie pretese nei confronti della società incorporante (art. 2504-bis, c.c.).