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La nota di variazione IVA nelle procedure di concordato preventivo: la risposta n. 234/2025 dell’Agenzia delle Entrate tra consecuzione e facoltà di emissione

di Marco Cavaliere


1. Premessa sistematica

Con la risposta a interpello n. 234 del 9 settembre 2025, la Divisione Contribuenti dell’Agenzia delle Entrate ha fornito un articolato chiarimento in ordine all’applicabilità dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972 in tema di note di variazione in diminuzione dell’imposta sul valore aggiunto nell’ambito delle procedure di concordato preventivo, con particolare riguardo ai rapporti tra il principio della consecuzione e la facoltà riconosciuta al creditore di scegliere il momento per il recupero dell’imposta non incassata.

La pronuncia si inserisce nel solco del percorso di adeguamento dell’ordinamento interno alla giurisprudenza unionale e alle modifiche introdotte dal D.L. n. 73/2021 (c.d. “Sostegni-bis”), che hanno inciso profondamente sulla disciplina temporale di esercizio del diritto alla variazione in diminuzione.


2. I fatti oggetto dell’istanza

La società Alfa, operante nel settore del commercio di articoli sportivi, rappresentava di vantare un credito commerciale nei confronti della società Beta, attiva nel comparto retail, la quale – a seguito di una crisi finanziaria – aveva presentato domanda di concordato preventivo nel dicembre 2020, ammessa con decreto del settembre 2021 e successivamente revocata nell’aprile 2022.

In data giugno 2022, Beta proponeva una nuova istanza di concordato preventivo ai sensi dell’art. 161, comma 6, l. fall., poi trasformata in concordato in continuità aziendale, con un piano di adempimento sino al 31 dicembre 2027. Tale procedura veniva ammessa con decreto del settembre 2023 e omologata nel giugno 2024.

Alla luce dell’omologa, il credito di Alfa risultava parzialmente soddisfatto con una falcidia percentuale, residuando una quota di credito definitivamente non recuperabile.

Da ciò l’istanza all’Agenzia delle Entrate, volta a conoscere:

  1. se la fattispecie dovesse essere regolata dall’art. 26 nel testo anteriore o successivo alla riforma del 2021;
  2. se fosse legittimo emettere la nota di variazione in diminuzione ex art. 26, comma 2, solo a conclusione della procedura, ossia allorché l’inadempimento del debitore risultasse definitivamente accertato.

3. La soluzione prospettata dal contribuente

La società istante, escludendo che tra le due procedure di concordato potesse configurarsi consecuzione temporale, riteneva applicabile la disciplina novellata dal D.L. 73/2021, ma sosteneva di poter attendere la conclusione della procedura concordataria prima di emettere la nota di credito, in quanto solo in tale momento si sarebbe consolidata la ragionevole certezza dell’incapienza del patrimonio del debitore.

A suo avviso, dunque, la conclusione infruttuosa del concordato, attestata dal piano di riparto o dal decreto di omologa, avrebbe potuto costituire un autonomo presupposto per la variazione in diminuzione ai sensi dell’art. 26, comma 2, del D.P.R. n. 633/1972.


4. Il ragionamento dell’Amministrazione finanziaria

4.1. Evoluzione normativa dell’art. 26 D.P.R. 633/1972

L’Agenzia ha preliminarmente ricostruito l’evoluzione dell’art. 26, ricordando come, nella formulazione previgente, l’emissione della nota di variazione per mancato pagamento dovuto a procedure concorsuali fosse subordinata alla conclamata infruttuosità della procedura.

Tale impostazione era stata censurata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (sentenza 23 novembre 2017, causa C-246/16), che ha escluso la possibilità per gli Stati membri di subordinare la riduzione della base imponibile IVA alla conclusione di una procedura concorsuale di lunga durata, in violazione del principio di neutralità dell’imposta.

In recepimento di tale indirizzo, l’art. 18 del D.L. 73/2021 ha introdotto i commi 3-bis e 10-bis dell’art. 26, anticipando il dies a quo dell’emissione della nota di variazione al momento di apertura della procedura concorsuale del debitore.
L’Agenzia ha richiamato, sul punto, la circolare n. 20/E del 2021, che ha interpretato la novella come strumento di semplificazione e accelerazione del recupero dell’imposta.


4.2. Il principio di consecuzione tra procedure concorsuali

Con riferimento al primo quesito, la risposta n. 234/2025 ha escluso l’operatività del principio di consecuzione tra le due procedure di concordato avviate dalla società Beta, sottolineando che tale principio, disciplinato dall’art. 69-bis, comma 2, l. fall. (oggi art. 170, comma 2, CCII), presuppone la confluenza di una procedura minore in una successiva liquidazione giudiziale, non la mera successione di due concordati.

La giurisprudenza di legittimità – si cita Cass. 11 giugno 2019, n. 15724 – ha chiarito che la consecuzione richiede la unicità della causa e non può desumersi dal solo dato cronologico.
Nel caso di specie, essendo le due procedure autonome, l’Agenzia ha individuato il riferimento temporale nella data di avvio della seconda procedura (2022), successiva al 26 maggio 2021, con conseguente applicazione del testo novellato dell’art. 26.


4.3. La facoltà di scelta del creditore tra commi 3-bis e 2

Quanto al secondo quesito, l’Amministrazione ha ribadito che il comma 3-bis riconosce al creditore la facoltà (non l’obbligo) di emettere la nota di variazione sin dall’apertura della procedura concorsuale.
Tuttavia, se il creditore ritiene più opportuno insinuarsi al passivo e attendere l’esito della procedura, egli conserva la possibilità di avvalersi del comma 2 qualora la procedura si riveli infruttuosa.

Richiamando la risposta a interpello n. 485/2022, l’Agenzia ha affermato che la definitività del piano di riparto infruttuoso o la constatazione del mancato pagamento integrale del corrispettivo costituiscono un autonomo presupposto per l’emissione della nota di variazione ai sensi del comma 2.
In tale ipotesi, la variazione è ammessa in quanto l’obbligazione originaria viene meno ex tunc in conseguenza dell’assetto giuridico rideterminato dal provvedimento di omologa o dall’esito negativo del riparto.


5. La conclusione dell’Agenzia delle Entrate

La risposta si chiude con tre affermazioni di principio:

  1. Non rileva il principio di consecuzione tra le procedure di concordato, stante la loro autonomia causale e cronologica;
  2. Trova applicazione la disciplina dell’art. 26 D.P.R. 633/1972 come modificata dal Decreto Sostegni-bis;
  3. Il creditore che partecipa alla procedura può legittimamente attendere la conclusione della stessa ed emettere la nota di variazione in diminuzione in caso di esito infruttuoso, ai sensi del comma 2.

L’Agenzia, pertanto, condivide integralmente la soluzione prospettata dall’istante.


6. Considerazioni conclusive

La Risposta n. 234/2025 assume rilievo sistematico perché conferma l’esistenza di un doppio binario operativo in materia di variazioni IVA:

  • uno anticipato, fondato sulla facoltà di emissione immediata ex commi 3-bis e 10-bis;
  • uno differito, esercitabile all’esito della procedura in base al comma 2.

Tale impostazione garantisce coerenza con i principi di neutralità e proporzionalità dell’imposta, consentendo al creditore di calibrare il momento del recupero dell’IVA in funzione della strategia concorsuale e della prevedibile capienza del debitore.

La posizione dell’Amministrazione, inoltre, delimita rigorosamente il campo di applicazione del principio di consecuzione, la cui estensione ai rapporti tra più concordati viene negata salvo un accertamento giudiziale di unicità di causa, confermando la autonomia giuridica e temporale di ciascuna procedura.

In definitiva, la pronuncia consente di affermare che, in caso di concordato preventivo infruttuoso, la nota di variazione IVA potrà essere emessa legittimamente al termine della procedura, quando il mancato pagamento risulti definitivo, costituendo tale momento l’unico idoneo a fondare il diritto alla detrazione dell’imposta ai sensi dell’art. 26, comma 2, D.P.R. n. 633/1972.

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