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La nozione “bifronte” di omogeneità delle classi nel P.R.O. e i confini della deroga agli artt. 2740–2741 c.c.

Nota a Trib. Monza, 12 marzo 2025, Pres. Giovanetti, Est. Ambrosio

A cura di Marco Cavaliere

Abstract

La pronuncia in epigrafe afferma, con nettezza sistematica, che nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (P.R.O.) la deroga alla responsabilità patrimoniale generica e al par condicio creditorum ex artt. 2740–2741 c.c., contemplata dall’art. 64-bis, comma 1, CCII, è legittima soltanto se maturata all’esito di un voto unanime di tutte le classi, previamente costituite nel rigoroso rispetto del criterio di omogeneità delineato dall’art. 2, comma 1, lett. r), CCII, criterio che ha natura cumulativa e si sostanzia nella convergenza sia della posizione giuridica sia degli interessi economici dei crediti compresi nella singola classe. L’eventuale unanimità non possiede virtù “sanante” rispetto a vizi genetici di tassonomia: l’erronea ingegneria delle classi determina ipso iure l’inammissibilità della proposta.

Parole-chiave: P.R.O.; classi di creditori; omogeneità (posizione giuridica / interessi economici); deroga al par condicio; prededuzione; lavoratori e T.F.R.; transazione fiscale.


1. Coordinate del dictum e ratio decidendi

La massima cristallizza un duplice principio: (i) la deroga all’ordine legale di soddisfazione non è esito discrezionale del proponente, ma frutto di un consenso informato e unanime delle classi correttamente costituite; (ii) l’“omogeneità” della classe non tollera letture riduttive: essa abbraccia, ad un tempo, l’omologia ordinamentale del rango (privilegio/garanzia vs. chirografo) e la comparabilità funzionale degli interessi economico-sociali sottesi ai crediti aggregati. In difetto, l’architettura classificatoria è affetta da vizio originario che rende la proposta inammissibile, non emendabile quoad iudicium di omologa.


2. Il quadro fattuale-procedimentale essenziale

All’esito di istanza ex art. 44 CCII e successive integrazioni, la proposta di P.R.O. perviene all’udienza camerale con talune rimodulazioni (tra cui il trattamento della prededuzione professionale, la disciplina della classe dei lavoratori/T.F.R., la presentazione di offerte irrevocabili su azienda ed assets). Permangono, tuttavia, criticità sulla classe “pubblicistica” (Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL), sì che il Collegio, preso atto anche del diniego di transazione fiscale, dichiara l’inammissibilità per vizi nella formazione delle classi.


3. L’omogeneità come requisito “a doppia soglia”

3.1. Versante della posizione giuridica

La coabitazione, nella stessa classe, di crediti assistiti da privilegi eterogenei e di crediti chirografari infrange il criterio ordinamentale di rango. L’argomento “unitario” del credito pubblico (comune matrice erariale/previdenziale; convergenza operativa nella riscossione) non vale per se a fondare l’aggregazione: il titolare del voto è distinto per ciascun ente e la differente causa legittimante del privilegio ne esige la separazione.

3.2. Versante degli interessi economici

Sotto il profilo teleologico-funzionale, rilevano la fonte del credito, la relazione con la continuità, la struttura del rischio e il payoff atteso. Anche qui, il trittico AE/INPS/INAIL palesa traiettorie economiche non sovrapponibili (fiscale vs. contributivo/assicurativo), onde la classe unitaria si rivela spurio conglomerato e, come tale, incompatibile con l’art. 2, comma 1, lett. r), CCII.


4. La deroga agli artt. 2740–2741 c.c. nel P.R.O.: consenso unanime come “titolo sostitutivo” dell’ordine legale

Nel P.R.O. il superamento della gerarchia legale dei pagamenti non discende da vis autoritativa, ma da un patto procedimentale: tutte le classi, legittimamente composte, devono consentire alla redistribuzione proposta. L’unanimità è dunque condizione necessaria e convalidante, ma solo se riferita a classi costituite secundum legem. Conseguentemente, l’unanimità ottenuta su una mappa di classi mal formata non produce effetti: quod nullum est, nullum producit effectum.


5. Profili specifici toccati dal decreto

(a) Prededuzione “funzionale” e segmentazione del ceto professionale. Piena prededuzione per compensi degli organi e per l’Esperto ex art. 25-ter, co. 12, CCII; prededuzione parziale (75%) per i professionisti “funzionali” al deposito del P.R.O., con il residuo 25% da allocare in classe autonoma a tutela della trasparenza allocativa.

(b) Lavoratori e T.F.R.: accollo, rinunce e (eventuale) sterilizzazione del voto. L’effettività dell’accollo liberatorio del T.F.R. richiede offerta irrevocabile assistita da idonea cauzione e rinunce espresso-formali alla solidarietà ex art. 2112 c.c.; in difetto, i crediti permangono nel perimetro classificatorio e devono ricevere trattamento conforme ai termini dell’art. 64-bis (30 giorni per i privilegiati).

(c) Privilegiati “non votanti” e orizzonte dei 180 giorni. La promessa di pagamento entro 180 giorni reclama copertura probatoria robusta: flussi contrattualizzati, stime indipendenti coerenti con gli storici, affidabilità delle controparti. Mere enunciazioni programmatiche non integrano sufficiente “bancabilità” del cronoprogramma.

(d) Fondo compenso commissario. Corretto l’approccio prudenziale ancorato ai parametri massimi del d.m. 30/2012, quale presidio di veridicità del fabric economico del piano.


6. Osservazioni critiche e ricadute sistematiche

  1. Inammissibilità della “classe pubblicistica unitaria”. L’evocata unitarietà del credito pubblico difetta tanto sul piano del rango quanto su quello della funzione: imporla equivarrebbe a svuotare il controllo di ragionevolezza distributiva che il doppio test di omogeneità è destinato a presidiare.
  2. Unanimità come check and balance. La regola unanimistica non è un vezzo procedurale: essa sostituisce la rigidità dell’ordine legale con un consenso pieno, ma solo se espresso da classi realmente comparabili. Diversamente, la deroga perde il suo fondamento di legittimazione.
  3. Onere di dimostrazione “rafforzato”. Nel P.R.O. la fattibilità si misura sull’esigibilità documentata dei flussi (contratti, garanzie, term-sheet vincolanti) e non su proiezioni meramente assertive, specialmente quando il piano dipende da cessioni intra-gruppo, stimatori o dismissioni “a caldo”.
  4. Ingegneria fine della prededuzione. La separazione della “quota non prededucibile” dei professionisti in classe ad hoc non è orpello, ma requisito di correttezza tassonomica: la sua omissione riverbera sul tutto l’impianto classificatorio.

7. Vademecum operativo (minimum standard redazionale)

  • Mappatura del rango: no a commistioni tra privilegi differenti e chirografi nella stessa classe.
  • Profilazione funzionale: cluster per filiera economica (fisco; previdenza/assicurazione; finanziatori; fornitori; lavoro).
  • Transazione fiscale: documentare l’iter e gli esiti; il diniego non legittima aggregazioni spurie “per vicinanza istituzionale”.
  • T.F.R.: rinunce scritte e accollo cauzionato; in mancanza, integrale copertura nel piano.
  • Pagamenti 30/180 giorni: prove contrattuali e garanzie; evitare scostamenti macroscopici dagli storici.
  • Compenso commissario: fondo prudenziale coerente con i massimi regolamentari.

8. Conclusioni

La decisione monzese riordina la grammatica del P.R.O.: prima l’esatta tassonomia delle classi (duplice omogeneità, giuridica ed economica), poi l’eventuale deroga all’ordine legale mediante unanimità effettiva e consapevole. L’unanimità è sigillo, non cerotto: se apposta su classi viziatamente composte, non sana e non legittima. Ne discende un monito pratico: l’ars componendi delle classi non è segmento ancillare, ma architrave di validità dell’intero edificio negoziale-procedimentale.

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