Il Tribunale di Vicenza con sentenza del 2025 aderisce alla tesi delle banche sul prestito d’uso d’oro, con applicazione di interessi sul valore dell’oro periodicamente attualizzato, dopo la consegna, al London Gold Market Fixing.
a cura di Avv. Giampaolo Balas
Premessa
Il Contratto atipico di prestito d’uso d’oro è il contratto in forza del quale (normalmente) la Banca concede in prestito ad un imprenditore del settore, in particolare un’impresa orafa, una quantità di lingotti d’oro e/o barre standard, affinché quest’ultima li utilizzi nell’ambito della propria attività produttiva e commerciale. Il prestito d’uso in oro è, dunque, un prestito di materia prima rivolto agli orafi, commercianti di metalli preziosi, aziende, che lavorano il metallo o lo consegnano a terzi per la lavorazione. L’operatore del settore (chi commercializza o trasforma il metallo) riceve, fisicamente, un quantitativo d’oro fino (in lingotti o barre) da impiegare all’interno del processo di produzione.
Determinazione del valore dell’oro per l’applicazione degli interessi
A carico dell’impresa orafa che riceve il metallo è contrattualmente prevista l’obbligazione periodica di pagamento degli interessi corrispettivi, oltre agli oneri accessori e, alla scadenza del rapporto, alternativamente, l’obbligo di restituzione del metallo ricevuto ovvero l’obbligo di pagamento del prezzo. Con la consegna dell’oro iniziano a decorrere gli interessi corrispettivi così come contrattualmente pattuiti, interessi corrispettivi che vengono liquidati dalla Banca, per tutta la durata del rapporto, sulla base del controvalore del quantitativo d’oro mutuato, determinato dalla London Bullion Market Association (LBMA), utilizzato come benchmark globale per l’oro e gli asset derivati, espresso USD, convertiti in Euro. Il fixing -determinazione del prezzo dei lingotti d’oro e di altri- viene rilevato due volte al giorno (10:30 a.m. e 3:00 p.m. ora di Londra) in Dollari, Euro e Sterline per “oncia troy”.
La funzione economico-sociale del Contratto di prestito d’uso d’oro
Il Prestito d’uso d’oro è finalizzato, dunque, all’approvvigionamento di materia prima destinata alla lavorazione, senza impiego di capitali propri. La funzione economica del prestito è, dunque, di fornire all’operatore la materia prima senza dover avere immediatamente un esborso di denaro. Sotto questo profilo si tratta di una modalità di finanziamento. A fronte del prestito il prenditore si impegna al pagamento solo gli interessi corrispettivi, in via posticipata, alla scadenza del trimestre solare di riferimento. Il metallo, che resta di proprietà della Banca, viene consegnato con la semplice emissione di un documento di trasporto e non essendoci trasferimento di proprietà, la Banca non procede ad alcuna fatturazione.
La Sentenza del Tribunale di Vicenza
Con la Sentenza n. 13/2025, pubblicata il 07/01/2025, il Tribunale di Vicenza ha ritenuto valido, efficace ed integralmente applicabile tra le parti il Contratto atipico di prestito d’uso d’oro, in quanto legittimo, valido e meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico ai sensi dell’art. 1322 c.c.
I rilievi sul contratto di prestito d’uso d’oro
L’impresa orafa rileva che mediante il Contratti di prestito d’uso d’oro la Banca concedeva in prestito all’azienda orafa una certa quantità di oro in lingotti per utilizzarlo nella sua filiera produttiva, con decorrenza dal momento della consegna del metallo prezioso di interessi corrispettivi calcolati sulla base del controvalore dell’oro rilevato dalla London Fixing, espresso USD, convertiti in Euro al cambio valuta del giorno della liquidazione, nonché con obbligo per il ricevente di restituire alla scadenza del rapporto il metallo non utilizzato ovvero pagarne il relativo prezzo.
Tali contratto atipico, a parere dell’impresa, si configura quale contratto di mutuo, connotato da alcuni elementi fortemente aleatori, con conseguente applicabilità della relativa normativa sia codicistica sia bancaria. Di conseguenza gli interessi corrispettivi versati andavano calcolati sul quantum mutuato e non sul suo controvalore crescente (o decrescente) nel tempo in misura non predeterminabile. Si è sostenuto, in particolare, nel giudizio che ha portato alla Sentenza in commento, che tale figura negoziale sia assimilabile al contratto di mutuo, con conseguente trasferimento della proprietà dell’oro al momento della sua consegna iniziale, per cui gli interessi e le commissioni dovrebbero essere calcolati sulla base del valore del metallo alla data della suddetta consegna, e non sulla base del valore che il metallo assume successivamente, variando sensibilmente nel tempo. Ciò in applicazione dei principi espressi dalla normativa codicistica sul contratto di mutuo.
Tra le questione sottoposte al vaglio del Tribunale dall’impresa orafa, emerge, in particolare, la richiesta di clausole dei rapporti di prestito d’uso d’oro, l’applicazione -in sostituzione di quella convenzionale- della disciplina relativa ai contratti di mutuo (contratto tipico a cui il contratto di prestito d’uso di oro andrebbe integralmente sussunto), di cui agli artt. 1813 c.c. e ss. e, per l’effetto, ai sensi dell’art. 1814 c.c., il trasferimento della proprietà dei lingotti d’oro in capo all’odierna parte attrice avvenuto al momento della consegna degli stessi da parte della Banca o, al più tardi, al momento della sua lavorazione.
La integrale sostituzione della disciplina del contratto atipico con il contratto di mutuo implicherebbe, fatti, sotto questo profilo, l’applicazione degli interessi corrispettivi solo sul valore dell’oro determinato al momento della traditio e non a quelli, successivi, differenti e variabili. Il calcolo degli interessi corrispettivi nel prestito, infatti, viene determinato dalle parti con applicazione periodica, trimestrale, con la conseguente alea del valore applicabile negli anni di durata del prestito, comportando tale effetto per l’impresa un esborso finanziario asseritamente illegittimo.
La meritevolezza del contratto secondo il Tribunale di Vicenza
Il Tribunale, con la pronuncia in oggetto, non ha condiviso l’assunto riconoscendo al contrario quanto sostenuto dalla Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A.:
- il prestito d’uso d’oro compendia un contratto atipico effettivamente assimilabile al mutuo, in quanto condivide con lo stesso alcuni elementi costitutivi caratterizzanti tale tipologia negoziale, tra cui la sua pregnante causa di finanziamento;
- anche se da tale assimilazione discendesse l’effetto del trasferimento della proprietà del metallo fin dal momento della sua consegna dalla Banca all’azienda orafa, come avviene per i contratti di natura reale, in ogni caso non ne conseguirebbe l’effetto, presunto dalla tesi attorea, secondo cui il prezzo da pagare in caso di trattenimento dei lingotti dovrebbe essere parametrato al valore dell’oro appunto al momento dell’iniziale consegna, anziché al successivo momento in cui viene esercitata l’opzione di acquisto;
- la consegna del metallo e l’eventuale trasferimento della proprietà dello stesso vengono contrattualmente profilate come vicende precarie, in quanto accompagnate dalla facoltà di restituire l’oro alla Banca nei termini di determinate scadenze contrattuali, e fino al consolidarsi del trasferimento in questione sono le stesse parti ad aver previsto, nell’esercizio della loro libertà negoziale, che l’azienda orafa avrebbe corrisposto degli interessi parametrati al controvalore dell’oro al momento delle medesime scadenze contrattuali;
- che tale previsioni contrattuale va riscontrata nel congegnare una prestazione specificamente remunerativa, sicuramente aleatoria, del lasso di tempo intercorrente tra il momento in cui il mutuante cede il bene e quello in cui ne recupera il prezzo: considerata l’accentuata variabilità del valore del bene in questione, ha senso prevedere che il dato quantitativo di tale prestazione non rimanga ancorato al momento iniziale del rapporto, anche perché, in ragione della facoltà di proroga concessa all’azienda orafa, non è predeterminabile nemmeno la durata del rapporto medesimo;
- che le clausole contrattuali, afferenti all’individuazione di un parametro superveniens per il calcolo degli oneri economici gravanti sull’odierna attrice, trovano legittima applicazione in quanto, come scrive la difesa di parte convenuta laddove sottolinea che i contratti atipici congegnati dalle parti quale espressione della loro autonomia privata sono disciplinati dalle norme relative alle tipologie negoziali ad essi assimilabili per natura e per funzione economico-sociale, salvo nell’ipotesi in cui lo specifico profilo di interesse non trovi già una propria regolamentazione sulla scorta delle pattuizioni espressamente concordate;
- che le clausole contrattuali non sono incompatibili con il tipo negoziale configurato, ma ne rappresentano l’atipicità, esprimendo con trasparenza un preciso assetto degli interessi delle parti che risulta meritevole di tutela ex art. 1322 c.c.: l’azienda orafa ha accettato l’alea dell’oscillazione del valore del metallo per poter tenere a propria disposizione determinate quantità di oro da utilizzare in base alla domanda del mercato, ma senza esporsi al rischio dell’invenduto e senza dunque sostenere da subito l’onere economico di lingotti di cui avrebbe potuto non avere bisogno nell’esercizio della sua attività d’impresa;
- la predetta oscillazione non registra necessariamente un andamento in crescita, dunque, merita osservare, come nel caso di specie la convenuta, che è senz’altro un soggetto imprenditoriale qualificato nel settore commerciale di riferimento, ad ogni scadenza contrattuale ha più volte ritenuto conforme al proprio interesse il rinnovo del rapporto di prestito d’uso, trattenendo i relativi quantitativi d’oro e sopportando il rischio, noto sine ullo dubio, del suo progressivo aumento di valore -di cui si è avvantaggiata essa stessa in caso di lavorazione e rivendita a terzi- anziché restituire il metallo alla Banca;
- si aggiunga, inoltre, che le scadenze contrattuali in occasione delle quali l’imprenditore poteva scegliere se prorogare il rapporto o se viceversa definirlo erano brevi, per cui la società attrice non si poteva dolere dell’ingente incremento del valore dell’oro nell’ultimo ventennio, in quanto aveva la possibilità di verificare periodicamente il proprio interesse a rimanere avvinto ai contratti in questione, valutando a tal fine anche il progressivo aumento del valore dell’oro a cui era parametrato l’andamento della propria esposizione debitoria, sulla scorta di indici oggettivi e conoscibili: in questo senso, l’alea sottesa al contratto era dunque esposta in termini senz’altro trasparenti, e non occulti.
Conclusioni
Con questa prima Sentenza la giurisprudenza di merito ha, dunque, sciolto le maggiori questioni ermeneutiche sul contratto atipico d’uso d’oro, affermando, tra le altre cose, la meritevolezza del contratto ai sensi dell’art. 1322 c.c. e la forza dell’autonomia privata in presenza di una regolamentazione compiuta, la logica e coerenza delle condizioni nella prospettiva dei reciproci interessi delle parti, la trasparenza dell’alea sottesa al contratto, accettata dalle parti contraenti, in particolare dal soggetto finanziato, da qualificarsi in questa prospettiva come soggetto imprenditoriale qualificato nel settore commerciali di riferimento.
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