Con la Risposta a interpello n. 203 del 15 ottobre, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che la rinuncia unilaterale a un credito nei confronti di una società fallita non permette l’emissione anticipata di una nota di variazione IVA. Secondo l’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, la nota di variazione è consentita solo in specifici casi, come: Vizi ontologici dell’atto. Esecuzione del contratto. Previsioni contrattuali (es. clausole di recesso o sconti). Accordo sopravvenuto tra le parti. In altre parole, solo situazioni contrattuali o legali che modificano l’operazione originaria, e non una semplice rinuncia unilaterale al credito, giustificano una variazione IVA. Cosa significa in pratica? La nota di variazione è ammissibile solo: Se il cessionario o committente è soggetto a una procedura concorsuale conclusasi infruttuosamente; In presenza di errori di fatturazione o accordi sopravvenuti entro 12 mesi dall’operazione originale. La rinuncia unilaterale, riferendosi unicamente all’incasso del credito e non alla natura dell’operazione originaria, non modifica la base imponibile IVA e non legittima la variazione anticipata. In altre parole, l'incasso del credito, cui l'istante «intende rinunciare», riguarda il profilo meramente finanziario, non essendosi modificati i rapporti già conclusi, né essendo stata invocata alcuna clausola contrattuale risolutiva. La sorte finanziaria del credito (ossia il mancato incasso) costituisce presupposto per la variazione dell'imponibile e dell'imposta solo in presenza di una procedura concorsuale o di azioni esecutive rimaste infruttuose.