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Royalties marchi: regime fiscale per privati ed enti non commerciali

Analisi del trattamento fiscale delle royalties da marchi per soggetti privati ed enti non commerciali: inquadramento tributario, ritenute, deduzioni e obblighi previsti dal TUIR.

Illustrazione sul potere del marchio con simbolo ™ e braccio stilizzato a rappresentare la forza economica del brand.

Inquadramento normativo e qualificazione del reddito

La concessione in uso di marchi registrati, anche al di fuori dell’esercizio di attività economiche in senso stretto, può costituire una rilevante fonte di redditività. In particolare, tale evenienza può riguardare soggetti non imprenditoriali, quali persone fisiche prive di partita IVA ed enti non commerciali, i quali, pur non svolgendo attività economica organizzata, possono trarre vantaggio economico dallo sfruttamento dei propri diritti.

Ai fini dell’inquadramento tributario, l’art. 67, comma 1, lett. l) del TUIR disciplina il trattamento dei proventi derivanti dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno, marchi d’impresa, brevetti e altri diritti immateriali, attribuendo rilevanza reddituale anche in capo a soggetti non esercenti professionalmente un’attività economica. In assenza dei presupposti dell’abitualità, della professionalità e dell’organizzazione, tali proventi sono qualificabili come redditi diversi, in quanto derivanti da un’attività occasionale di natura patrimoniale, priva di connotazioni imprenditoriali o professionali

Regime impositivo e trattamento fiscale

Il trattamento fiscale ordinario per i redditi diversi da royalties prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta del 30% sull’imponibile, calcolato al netto di una deduzione forfettaria. Tale deduzione, introdotta per valorizzare la componente intellettuale del diritto concesso, è pari al 40% per i soggetti di età inferiore a 35 anni e al 25% per quelli di età pari o superiore.

L’effetto è quello di determinare un’imposizione agevolata sul solo 60% o 75% del compenso lordo, rispettivamente, semplificando il regime dichiarativo per il percettore che non sia titolare di partita IVA. La ritenuta, essendo a titolo d’imposta, esaurisce l’obbligazione fiscale, senza ulteriori obblighi dichiarativi.

Aspetti IVA e obblighi formali

Dal punto di vista dell’IVA, la cessione in uso del marchio da parte di soggetti non esercenti attività d’impresa rientra tra le operazioni escluse dal campo di applicazione dell’imposta, come previsto dall’articolo 4 del DPR 633/72. La concessione del marchio da parte di un privato o di un ente non commerciale, quindi, non comporta obblighi di fatturazione ai fini IVA.

Resta tuttavia l’onere di documentare il compenso percepito. È necessaria l’emissione di una ricevuta non fiscale, che riporti il corrispettivo lordo, l’importo trattenuto a titolo di ritenuta e il netto effettivamente percepito. Questo adempimento assume rilevanza sia per fini probatori che ai fini dell’applicazione corretta della ritenuta.

Ipotesi di riqualificazione come reddito d’impresa

Quando l’attività di concessione in uso del marchio viene svolta con abitualità o mediante un’organizzazione di mezzi e risorse, anche in assenza di una formale struttura imprenditoriale, il reddito può essere riqualificato come reddito d’impresa. La natura occasionale dell’attività viene meno se il soggetto percepisce più compensi nel tempo, se pubblicizza in modo sistematico la concessione del marchio o se organizza strumenti per il suo sfruttamento economico.

In questi casi, è obbligatoria l’apertura della partita IVA, l’assoggettamento al regime ordinario di tassazione (IRPEF o IRES a seconda del soggetto), nonché il rispetto degli obblighi contabili e dichiarativi previsti dalla normativa vigente.

Considerazioni operative e implicazioni pratiche

L’inquadramento tributario delle royalties da marchi in capo a soggetti non imprenditoriali richiede una valutazione accurata di molteplici elementi: dalla natura del diritto concesso alle modalità di sfruttamento economico, dalla frequenza dell’attività alla presenza o meno di organizzazione.

Per gli enti non commerciali, inoltre, è necessario tenere conto delle disposizioni dell’art. 30-bis del DPR 633/72, che disciplina gli adempimenti relativi all’attività accessoria o residuale rispetto a quella istituzionale, con obblighi specifici di registrazione, dichiarazione e versamento dell’imposta.

In ogni caso, l’attività di concessione del marchio – se non inserita in una cornice giuridico-contabile corretta – può dar luogo a contestazioni da parte dell’Amministrazione finanziaria, con rischio di riqualificazione del reddito e applicazione di sanzioni.

Conclusioni

La fiscalità delle royalties da marchi percepite da soggetti non imprenditoriali si colloca in una zona grigia del diritto tributario, in cui l’interpretazione normativa deve essere accompagnata da un’attenta valutazione di merito. La distinzione tra reddito diverso e reddito d’impresa, infatti, non può essere compiuta in astratto, ma richiede l’analisi concreta delle modalità operative con cui viene esercitata la concessione del diritto.

In questo contesto, la consulenza di un professionista risulta essenziale per prevenire errori interpretativi, pianificare correttamente la gestione fiscale e assicurare l’aderenza del comportamento del contribuente ai principi stabiliti dalla normativa e dalla prassi amministrativa.

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