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La disapplicazione dell’art. 101, co. 6, l. fall. nel concorso fallimentare avente ad oggetto il recupero di aiuti di Stato: nota a Cass., Sez. I, 11 aprile 2025, n. 9451

A cura di Marco Cavaliere

1. Premessa

La pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. I Civile, n. 9451/2025, si colloca nel solco della giurisprudenza nazionale e unionale che riconosce il primato del diritto dell’Unione Europea anche in sede di accertamento dello stato passivo fallimentare. Con tale ordinanza, la Suprema Corte affronta il tema della compatibilità tra la disciplina nazionale dei termini per la presentazione delle domande tardive di ammissione al passivo e l’esigenza, imposta dal diritto sovranazionale, di assicurare l’effettività del recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili con il mercato interno dalla Commissione europea.

2. I fatti e la ratio decidendi

Il caso trae origine dal rigetto, da parte del Tribunale di Venezia, della domanda di insinuazione al passivo presentata dall’INPS per un credito derivante dalla restituzione di sgravi contributivi qualificati come aiuti di Stato illegittimi ai sensi della decisione della Commissione 2000/394/CE. Il Giudice Delegato e il Tribunale avevano ritenuto la domanda inammissibile per tardività, ai sensi dell’art. 101, comma 6, L. fall., in quanto proposta successivamente all’esaurimento del procedimento di formazione dello stato passivo.

La Corte di Cassazione ha censurato tale interpretazione, valorizzando i principi di effettività e leale collaborazione, sanciti dall’art. 4, par. 3, TUE, in forza dei quali il giudice nazionale, chiamato ad applicare il diritto dell’Unione, deve disapplicare ogni norma interna che costituisca un ostacolo alla piena efficacia del diritto europeo. La Corte, richiamando anche l’art. 14 del Reg. (UE) 2015/1589 e la giurisprudenza della CGUE (in particolare la sentenza Lucchini, C-119/05), afferma che il diritto dell’Unione osta all’applicazione di una norma interna che, pur astrattamente legittima, si traduca in una preclusione sostanziale al soddisfacimento dell’obbligo di recupero imposto da una decisione vincolante della Commissione.

3. Il principio di effettività e la permeabilità della disciplina concorsuale

Nella motivazione si legge un implicito superamento del dogma dell’intangibilità dei termini decadenziali in ambito concorsuale, a favore di una lettura sistemica della procedura fallimentare conforme ai principi del diritto eurounitario. La Suprema Corte valorizza la funzione teleologica dell’azione di recupero degli aiuti di Stato, qualificandola come autonoma rispetto alla pretesa fiscale e sottratta, pertanto, al regime decadenziale ordinario, ove questo contrasti con l’effettività del rimedio.

Tale impostazione richiama la distinzione concettuale tra regole di ordine processuale e norme imperative sovranazionali: queste ultime, in virtù del principio del primato, impongono al giudice nazionale un obbligo di conformazione anche in via di disapplicazione d’ufficio, secondo l’insegnamento di Simmenthal (C-106/77) e Factortame (C-213/89).

4. Implicazioni sistematiche e riflessioni conclusive

La decisione in esame segna un ulteriore passo nella direzione di una “europeizzazione” delle procedure concorsuali nazionali, che dovranno essere intese come strumenti non autoreferenziali, bensì permeabili agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione. Essa impone, altresì, una riflessione critica sulla tenuta del principio della concentrazione delle operazioni di accertamento del passivo, che può risultare recessivo quando si tratta di dare attuazione ad obblighi derivanti da decisioni vincolanti dell’organo esecutivo dell’Unione.

L’ordinanza n. 9451/2025 si caratterizza dunque per una chiara funzione nomofilattica e per l’affermazione, netta, dell’obbligo del giudice fallimentare di operare una disapplicazione selettiva della normativa processuale interna che si ponga in contrasto con la necessità di garantire la diretta efficacia del diritto europeo, rafforzando un orientamento giurisprudenziale che si salda con i più recenti approdi della Corte costituzionale e della giurisprudenza della CGUE in materia di tutela della concorrenza e recupero degli aiuti di Stato.

5. Principio di diritto

«Nel giudizio di accertamento dello stato passivo fallimentare, il giudice preposto alla trattazione di una domanda di ammissione di un credito per il recupero di aiuti di Stato conseguente a una decisione della Commissione europea relativa a somme ottenute dall’imprenditore fallito sulla base di una normativa nazionale confliggente con i principi eurounitari in materia di concorrenza è tenuto, in virtù dei canoni di effettività e di leale collaborazione, a disapplicare l’art. 101, comma 6, L. fall., quando tale norma venga a costituire ostacolo o impedimento al perseguimento in concreto del risultato imposto dal diritto comunitario».

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