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Scissione societaria con patti di manleva

Sent. n. 4694/2025 Trib. Milano: rigettata domanda su scissione parziale asimmetrica. Clausola di manleva vale solo per passività sopravvenute; “condizioni ottimali” esaurite con consenso soci.

Sent. n. 4694/2025 Trib. Milano: rigettata domanda su scissione parziale asimmetrica. Clausola di manleva vale solo per passività sopravvenute; “condizioni ottimali” esaurite con consenso soci.

I fatti contestati

La vicenda processuale trae origine da un complesso accordo di riorganizzazione patrimoniale stipulato tra due fratelli, soci di una holding di famiglia. Al fine di risolvere divergenze gestionali e addivenire a una separazione dei rispettivi interessi economici, le parti sottoscrivevano un accordo quadro che disciplinava, quale punto cardine, un’operazione di scissione parziale asimmetrica. Tale operazione prevedeva il trasferimento di un determinato compendio patrimoniale dalla società originaria a una società beneficiaria di nuova costituzione, interamente partecipata da uno dei due fratelli. Tra gli asset destinati alla beneficiaria figurava la totalità delle quote di una società il cui unico e principale attivo era costituito da un immobile di notevole pregio. L’accordo quadro subordinava il buon esito dell’operazione alla circostanza che, alla data di efficacia della scissione, detto immobile si trovasse “in condizioni di uso ottimali, comprensivo degli arredi e beni mobili”. Contestualmente, l’accordo prevedeva un articolato patto di manleva, con il quale la società scissa e il fratello non assegnatario si impegnavano a tenere indenne la beneficiaria e il fratello assegnatario da qualsiasi “Passività” derivante o correlata alla scissione. A seguito del perfezionamento dell’operazione, la parte assegnataria contestava lo stato dell’immobile, ritenendolo affetto da vizi e carente di arredi, e agiva in giudizio per ottenere l’attivazione della garanzia, lamentando un minor valore della partecipazione ricevuta e una conseguente perdita di redditività.

Gli istituti giuridici

Il cuore del caso è il significato della clausola di indennizzo (manleva) tipica delle operazioni su partecipazioni: essa protegge l’acquirente da passività ignote o non rilevabili riferite alla gestione “ante” e manifestatesi “post” closing, così da non erodere il valore cristallizzato nel prezzo al momento dell’operazione. È funzione ricostruita da prassi e dottrina: le garanzie “M&A‑like” mantengono indenne l’acquirente da passività future che, se note, avrebbero inciso sul prezzo; cosa diversa è contestare a posteriori la congruità del valore concordato.

Sul piano codicistico, il caso sfiora tre capisaldi delle operazioni straordinarie: la situazione patrimoniale ex art. 2501‑quater c.c., la disciplina della scissione ex art. 2506‑ter c.c. e il termine di 60 giorni per l’opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c. La situazione patrimoniale ha funzione informativa e può essere oggetto di rinuncia/esonero in casi tipizzati; la scelta di rinunciarvi, in un contesto di piena conoscenza reciproca tra soci, rafforza l’idea di una valutazione condivisa e “cristallizzata” al momento della delibera. Gli effetti della scissione, una volta iscritta, hanno stabilità e la tutela si sposta semmai su piani risarcitori, non sulla rimodulazione dei valori inseriti nel progetto.

Completano il quadro i canoni di buona fede e correttezza (artt. 1366, 1175, 1375 c.c.), che presidiano interpretazione ed esecuzione del contratto: comportamenti incompatibili con la volontà di avvalersi di un diritto possono integrare rinuncia tacita, secondo giurisprudenza di legittimità. Nel caso di specie, la presa di possesso anticipata della villa, il voto favorevole unanime al progetto e la stipula della scissione prima della lettera di contestazioni sono elementi valorizzati dal Collegio alla luce di tali principi.

La decisione

Il Tribunale, anzitutto, qualifica correttamente la manleva pattuita agli artt. 3.1 e 3.2 dell’accordo quadro: essa copre “Passività derivanti dalla Scissione” o connesse alla gestione ante scissione ma manifestatesi dopo, secondo la natura tipica delle garanzie di indennizzo in operazioni su partecipazioni. Non rientra in tale alveo la doglianza degli attori, diretta a colpire il “minor valore” della partecipazione rispetto alla valorizzazione contenuta nel progetto di scissione: questa è una critica alla valutazione economica condivisa dalle parti, non una sopravvenienza passiva emersa dopo il closing. Da qui il rigetto delle domande principali e subordinate di manleva.

Quanto all’ulteriore domanda risarcitoria ex art. 1218 c.c., il Collegio legge la clausola “immobile in condizioni di uso ottimali” come presupposto pre‑operazione, temporalmente limitato alla data di efficacia, destinato a esaurirsi con il perfezionamento della scissione. La funzione della clausola era consentire alla parte interessata di verificare le condizioni e, se del caso, non prestare il consenso alla scissione. Poiché i soci hanno deliberato all’unanimità, con rinuncia alla situazione patrimoniale, e hanno stipulato l’atto di scissione, l’obbligazione si deve ritenere superata. La successiva lettera di contestazioni datata il giorno stesso del rogito è valutata in contrasto con i canoni di buona fede e correttezza, anche alla luce del comportamento complessivo tenuto prima e dopo l’operazione.

Il Tribunale osserva inoltre che la stessa documentazione audiovisiva prodotta dagli attori, relativa a un sopralluogo del 12 ottobre 2021, non avvalora la tesi di un immobile fatiscente, mostrando al contrario un bene in buono stato apparente, con criticità non significative. A ciò si aggiunge che l’assenza di un inventario degli arredi o di un verbale di consegna rende impossibile fondare qualsiasi pretesa quantitativa. Per queste ragioni, il Collegio ha ritenuto irrilevante ogni accertamento sullo stato attuale dell’immobile, a notevole distanza dalla consegna e in presenza di indizi di una successiva carenza di manutenzione.

Conclusioni

La manleva non è uno strumento per riaprire il prezzo o la valorizzazione inserita nel progetto di scissione; copre solo passività sopravvenute, ignote o non prevedibili, che si manifestano dopo l’operazione. La clausola che pretende un bene “in condizioni ottimali” opera come condizione‑presupposto ex ante: se la parte interessata, dopo aver potuto verificare, delibera, stipula e prende possesso senza pretese di ripristino, difficilmente potrà invocarla ex post. In un contesto di piena informazione e deliberazione unanime, la rinuncia alla situazione patrimoniale e la conclusione dell’operazione “cristallizzano” i valori e spostano la tutela su rimedi risarcitori solo se vi sia una vera e propria sopravvenienza passiva o un inadempimento ancora efficace.

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