Nel caso trattato nella sentenza della Cassazione n. 22978/2024 l'imputato è stato accusato di bancarotta fraudolenta impropria per aver causato il fallimento della società. In particolare, gli è stato contestato di aver omesso sistematicamente il pagamento di debiti fiscali, contributivi e le retribuzioni dei dipendenti. Secondo l'accusa, questa condotta avrebbe aggravato il dissesto economico dell'azienda, portando inevitabilmente al fallimento. La difesa: l'imputato si è difeso sostenendo che la crisi della società non era il risultato di una scelta consapevole o di un comportamento doloso, ma piuttosto di circostanze esterne sfavorevoli. Tra queste, ha indicato la riduzione delle commesse e la crescente concorrenza dei prodotti. In altre parole, non aveva intenzionalmente omesso di pagare i debiti per causare danni, ma era stato costretto dalle difficoltà economiche che non gli permettevano di far fronte agli impegni finanziari. La Cassazione, con sentenza n. 22978/2024 ha accolto il ricorso, chiarendo che per configurare la bancarotta fraudolenta impropria non basta l'accumulo di debiti; serve la prova di un inadempimento consapevole e sistematico, con l'intento doloso di aggravare la crisi aziendale. In pratica, la "scelta consapevole e sistematica" implica che l'amministratore ometta volontariamente il pagamento dei debiti per aggravare il dissesto, usando questa strategia in modo costante. Non è un errore o una difficoltà temporanea, ma un comportamento doloso e ripetuto. Per la bancarotta fraudolenta impropria, serve una pianificazione dolosa, non solo l'accumulo di debiti. Esempio pratico: Se un amministratore, consapevole della crisi, sistematicamente non paga tasse e contributi per mesi o anni, usando quei fondi per finanziare l’azienda, questo configura una scelta dolosa. Se invece le omissioni sono dovute a difficoltà momentanee senza premeditazione, non si può parlare di reato.