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Vizi e difformità in materia di appalto nell’opposizione allo stato passivo

Decadenza e prescrizione nei vizi d'opera ostano all'ammissione del credito.

Vizi appalto stato passivo

Il caso

Una società di capitali propone opposizione al decreto con cui veniva dichiarato esecutivo lo stato passivo, lamentando l’ingiusta esclusione della domanda di ammissione al passivo del proprio credito nascente da clausole penali inserite nel contratto di appalto stipulato con la fallita; penali previste per ritardo nella consegna dei prodotti ordinati e per difetti e difformità degli stessi rispetto all’ordine.

Il procedimento ex art. 206 c.c.i.i.

Il procedimento di verifica dei crediti è attualmente strutturato come un vero e proprio processo contenzioso a cognizione sommaria, nel quale il giudice delegato riveste la posizione di terzo ed imparziale risolutore di conflitti, chiamato a decidere sulle domande di insinuazione al passivo mediante poteri cognitori e decisori strettamente correlati al materiale probatorio offerto ed alle conclusioni ed eccezioni formulate dalle parti.

Spetta, pertanto, all’opponente fornire la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto di credito, mentre grava sul curatore l’onere di dimostrare l’esistenza di fatti modificativi, impeditivo o estintivi dell’obbligazione.

Vizi e difformità in materia di appalto e la disciplina generale sull’inadempimento contrattuale

La disciplina generale in materia di inadempimento contrattuale riceve applicazione soltanto ove l’appaltatore non abbia portato a termine l’esecuzione dell’opera commissionata o l’abbia consegnata in ritardo o si sia rifiutato di consegnarla, mentre si applica la disciplina speciale in tema di garanzia prevista dagli artt. 1667 e 1668 c.c. nella diversa ipotesi in cui l’opera sia stata portata a termine e consegnata al committente, ma presenti vizi, difformità o difetti, con la precisazione che in quest’ultimo caso anche l’eventuale azione risarcitoria soggiace ai medesimi termini di prescrizione e di decadenza previsti per l’azione di garanzia, dal momento che il legislatore ha inteso contemperare l’esigenza di tutela del committente a conseguire un’opera immune da difformità e vizi con l’interesse dell’appaltatore ad un accertamento sollecito delle eventuali contestazioni relative all’esecuzione della sua prestazione.

La decisione

Il tribunale ha qualificato contratto d’appalto il negozio intercorso tra la società opponente e la fallita, in quanto la commissione è stata svolta dalla seconda dietro un corrispettivo e senza alcun vincolo di subordinazione, con il rischio dell’operazione e mediante un’organizzazione imprenditoriale di media o grande dimensione, dotata di un’appropriata strutturazione.

Ha pertanto ritenuto applicabile la disciplina speciale in tema di difformità e vizi dell’opera nel contratto d’appalto, con la conseguenza che la società opponente avrebbe dovuto denunciare i vizi e le difformità delle opere consegnate nel termine di sessanta giorni dalla scoperta; non avendovi provveduto, è incorsa nella decadenza prevista dall’art. 1667, comma 2, c.c.; è inoltre intervenuta la prescrizione dell’azione di garanzia prevista dall’art. 1667, comma 3, c.c., essendo decorso il termine di due anni dalla consegna delle opere da parte della società poi fallita.

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