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Patrocinio a Spese dello Stato nel Processo Tributario: Le Sezioni Unite Fanno chiarezza sul rimedio esperibile avverso il rigetto e revoca del provvedimento di ammissione al beneficio: Cass. S.U. 23.7.2025, n. 20929

A cura di Maria Caterina Inzillo. a) Il Caso La vicenda riguarda un contribuente al quale, dopo un’iniziale ammissione, era stato revocato il beneficio del patrocinio a spese dello Stato in un procedimento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale. Contro l’atto di revoca il contribuente ha proposto opposizione ex art. 99 DPR 115 del 2022 al Presidente della commissione tributaria, che lo ha accolto, disponendo ““la revoca della revoca” dell’originario provvedimento di ammissione”. Successivamente la Commissione del patrocinio a spese dello Stato presso la Commissione tributaria provinciale ha convocato il contribuente per “discutere e deliberare in merito alla sua istanza di opposizione al decreto di revoca” e lo ha rigettato. Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione avverso tale ultimo provvedimento. La Corte ha dato atto della lacunosità della normativa  circa il rimedio per opporsi al provvedimento di revoca dell’ammissione a patrocinio a spese dello Stato nel processo tributario,  e – vista  la particolare importanza della questione  – ha rimesso gli atti per l’assegnazione alle Sezioni unite con il seguente quesito: se, ai sensi dell’art. 99 ovvero dell’art. 170 d.P.R. n. 115 del 2002, in quest’ultimo caso ex art. 111 Cost., per la proposizione di rimedio impugnatorio avverso il provvedimento di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato nel processo tributario, il ricorrente debba rispettare il termine di 20 ovvero di 30 giorni dalla pronuncia del medesimo ovvero dalla sua comunicazione, ove assunto a seguito di scioglimento di riserva dell’organo decidente”. b) la Decisione Le Sezioni Unite hanno dichiarato il ricorso per cassazione inammissibile. Il principio di diritto affermato è che i provvedimenti di rigetto o di revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, adottati dalla Commissione istituita presso le Commissioni Tributarie, devono essere impugnati con l’opposizione prevista dall’art. 170 del d.P.R. 115/2002 (Testo Unico sulle Spese di Giustizia), e quindi, dinanzi al giudice civile. Viene così esclusa l’applicabilità del diverso rimedio previsto per il processo penale dall’art. 99 dello stesso Testo Unico. c) Spunti Rilevanti La sentenza offre diversi spunti di notevole interesse: d) Conclusione Questa pronuncia è un punto di riferimento fondamentale per chi si occupa di contenzioso tributario. Le Sezioni Unite della Corte hanno definitivamente stabilito che l’azione da esperire avverso un diniego o una revoca del gratuito patrocinio è l’opposizione prevista dall’art. 170 del testo unico sulle spese di giustizia da proporsi davanti al tribunale civile con il ricorso disciplinato dall’art. 15 del d.lgs. n. 150 del 2011, richiamato dall’art. 170 stesso T.U.. L’opposizione, regolata  dal rito semplificato di cognizione, deve essere proposta entro trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione. La scelta del rimedio errato comporta, come nel caso di specie, l’inammissibilità dell’impugnazione. #PatrocinioASpeseDelloStato #ProcessoTributario #SpeseDiGiustizia #DirittoProceduraleCivile #Cassazione #SezioniUnite #Avvocati #ContenziosoTributario

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Le Sezioni Unite chiariscono: il recupero del credito del Fondo di Garanzia PMI non è materia tributaria

A cura di Marco Cavaliere Le Sezioni Unite chiariscono: il recupero del credito del Fondo di Garanzia PMI non è materia tributaria Cass., Sez. Un., 18 luglio 2025, n. 20022, Pres. D’Ascola, Rel. Luciotti La giurisdizione spetta al giudice ordinario, anche se la riscossione avviene tramite Agenzia Entrate – Riscossione: esclusa la natura tributaria del credito sorto a seguito dell’escussione della garanzia pubblica. Con l’ordinanza n. 20022 del 18 luglio 2025, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione affrontano e risolvono una delicata questione di giurisdizione in materia di finanziamenti bancari assistiti da garanzia pubblica prestata dal Fondo di garanzia per le PMI. La vicenda prende le mosse da un contratto di prestito d’uso d’oro stipulato tra una società e un istituto bancario, garantito da intervento pubblico ai sensi della legge n. 662/1996. A seguito dell’inadempimento della società, la banca escute la garanzia e ottiene dal Fondo il pagamento di una quota del credito. Il Gestore del Fondo, per surroga, agisce quindi per il recupero della somma erogata, affidando il relativo credito ad Agenzia Entrate – Riscossione, che notifica una cartella di pagamento. La società destinataria impugna la cartella davanti al giudice tributario, ma si apre un conflitto di giurisdizione, risolto mediante regolamento preventivo. La decisione: credito pubblico ma non tributario Le Sezioni Unite escludono che il credito vantato dal Gestore del Fondo, benché pubblico, abbia natura tributaria. La Suprema Corte sottolinea che si tratta di un credito derivante da un’obbligazione surrogatoria, fondata su un’espressa richiesta di garanzia da parte del soggetto finanziato. Non vi è, quindi, alcuna imposizione ex lege, né la pretesa determina una decurtazione patrimoniale in assenza di un sinallagma contrattuale. La Corte precisa: «Il credito […] ha natura pubblicistica ma non tributaria, per mancanza di qualsiasi presupposto impositivo». La riscossione coattiva mediante cartella è, in questo caso, consentita dal combinato disposto degli artt. 8-bis, comma 3, D.L. n. 3/2015 e 17, D.Lgs. n. 46/1999, ma ciò non incide sulla qualificazione della pretesa. Richiamando ampia giurisprudenza di legittimità e costituzionale (Corte cost. nn. 167/2018, 89/2018, 269/2017), la sentenza ribadisce i requisiti indefettibili del tributo: imposizione diretta ex lege, doverosità della prestazione, irrilevanza della volontà delle parti, destinazione delle risorse a spese pubbliche. Elementi che, nel caso in esame, fanno difetto. Infatti: «Il credito iscritto a ruolo non consiste nell’imposizione ex lege di una prestazione che implica una decurtazione patrimoniale a carico dell’obbligato, ma nell’erogazione di una somma da parte di una banca privata garantita dallo Stato […] e non concorre alla formazione di una base imponibile del reddito». Conclusione: giurisdizione ordinaria e non tributaria La Corte rigetta il ricorso e afferma la giurisdizione del giudice ordinario, richiamando l’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, che riserva al giudice tributario le controversie in materia di tributi “di ogni genere e specie”. Pertanto, restano escluse dalla sua competenza tutte le pretese, anche pubbliche, che non presentino natura tributaria in senso stretto, ancorché riscosse con le modalità proprie della riscossione esattoriale. Massima redazionale Il credito vantato dal Gestore del Fondo di Garanzia PMI, sorto a seguito dell’escussione della garanzia da parte della banca finanziatrice per inadempimento dell’impresa beneficiaria, non ha natura tributaria. La sua riscossione tramite cartella da parte di Agenzia Entrate – Riscossione, ai sensi dell’art. 8-bis, comma 3, D.L. n. 3/2015 e dell’art. 17 D.Lgs. n. 46/1999, non comporta l’attrazione della controversia nella giurisdizione tributaria, spettando invece al giudice ordinario. (Cass., Sez. Un., 18 luglio 2025, n. 20022)

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