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Rilevazione tempestiva della crisi e amministrazione giudiziaria

A cura di Marco Cavaliere 1.0 La prevenzione della crisi nelle imprese sequestrate: obblighi organizzativi e segnalazioni La riforma della disciplina della crisi d’impresa, attuata mediante il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza), ha introdotto un complesso sistema normativo orientato all’emersione anticipata delle situazioni di difficoltà economico-finanziaria, nella prospettiva di una gestione tempestiva ed efficiente delle stesse da parte dell’imprenditore e degli organi a vario titolo coinvolti. In tale contesto, le disposizioni contenute negli artt. 25-octies, 25-novies e 25-decies CCII assumono una rilevanza sistemica, prevedendo un articolato meccanismo di segnalazioni e doveri attivatori, che dovrebbe trovare applicazione anche nell’ambito delle imprese sottoposte ad amministrazione giudiziaria. L’art. 3 CCII, infatti, prevede, per l’imprenditore individuale, l’obbligo di adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e di assumere senza indugio le iniziative necessarie per fronteggiarlo; per l’imprenditore collettivo, invece, il medesimo articolo impone l’adozione di un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato, ai sensi dell’art. 2086 c.c., che consenta di cogliere in tempo utile i segnali premonitori della crisi e di porvi rimedio. L’art. 375 CCII ha inciso profondamente su tale disposizione civilistica, introducendo un secondo comma all’art. 2086 c.c., che impone all’imprenditore in forma societaria o collettiva il dovere di istituire un assetto adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche al fine di rilevare tempestivamente la perdita della continuità aziendale e di attivarsi per l’adozione degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi. Conseguentemente, l’art. 377 CCII ha apportato numerose modifiche al codice civile, tra cui spicca l’intervento di cui all’art. 379 CCII, che ha sostituito i commi terzo e quarto dell’art. 2477 c.c., introducendo nuovi criteri quantitativi per l’obbligo di nomina degli organi di controllo o del revisore legale nelle società a responsabilità limitata e nelle società cooperative. In virtù di tali modifiche, le società tenute alla nomina dovranno procedervi entro il termine di approvazione del bilancio relativo all’esercizio 2022, ove superino per due esercizi consecutivi le soglie fissate dalla norma. Il sistema di emersione anticipata della crisi si articola, dunque, su un doppio livello: da un lato, obblighi di monitoraggio in capo all’imprenditore, e dall’altro, doveri di segnalazione e attivazione posti a carico dell’organo di controllo. Quanto al primo profilo, l’imprenditore è tenuto sia a predisporre ex ante un adeguato assetto organizzativo, sia a effettuare un costante monitoraggio della situazione economico-finanziaria della società. Con riferimento agli organi di controllo, l’art. 25-octies CCII impone l’obbligo di segnalare all’organo amministrativo la sussistenza dei presupposti per l’accesso alla composizione negoziata della crisi. La segnalazione da parte dei cd. creditori pubblici qualificati (Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL, Agenzia delle Entrate-Riscossione), disciplinata dall’art. 25-novies CCII, è vincolata alla presenza di specifici crediti rilevanti, come dettagliatamente indicato nel primo comma, lett. a), b), c) e d); i termini e le modalità sono regolati dai commi successivi. Ai sensi dell’art. 25-decies CCII, le banche e gli intermediari finanziari di cui all’art. 106 TUB, in caso di revoca, variazione o revisione di affidamenti, sono tenuti a darne comunicazione anche agli organi di controllo societari, se esistenti. Nessuna previsione è tuttavia espressamente dedicata alle imprese sottoposte ad amministrazione giudiziaria, neppure a quelle rientranti nell’ambito applicativo dell’art. 104 disp. att. c.p.p., pur essendo, a parere di chi scrive, tali imprese soggette ai medesimi obblighi. 2.0 Il ruolo dell’amministratore giudiziario nella rilevazione tempestiva della crisi Da un punto di vista operativo, ci si interroga su chi, una volta nominato l’amministratore giudiziario, sia il soggetto legittimato a istituire l’assetto organizzativo richiesto dall’art. 2086 c.c., ovvero a recepire e attuare le segnalazioni provenienti dagli organi di controllo o dai creditori pubblici qualificati. Ulteriore questione riguarda l’individuazione del soggetto abilitato a richiedere la nomina degli organi di controllo o del revisore, ai sensi dell’art. 2477, commi terzo e quarto, c.c. Tali interrogativi non appaiono affatto oziosi, poiché il d.lgs. n. 159/2011 (Codice Antimafia) non prevede un automatico subentro dell’amministratore giudiziario nella carica di amministratore civilistico della società. L’art. 41, comma 1-ter, CAM, dispone che, in caso di sequestro di partecipazioni sociali idonee a determinare le maggioranze ex art. 2359 c.c., il tribunale può impartire direttive circa la revoca degli amministratori in carica, nominando – ai sensi del comma sesto – l’amministratore giudiziario quale nuovo amministratore della società. In assenza di tale nomina, il tribunale deve comunque disciplinare le modalità di controllo da parte dell’amministratore giudiziario. Pertanto, nei casi in cui venga disposta la revoca dell’amministratore in carica e la contestuale nomina dell’amministratore giudiziario quale legale rappresentante della società, sarà quest’ultimo, previo nulla osta del giudice delegato, a provvedere: (i) all’istituzione degli assetti organizzativi di cui all’art. 2086, secondo comma, c.c.; (ii) all’adozione delle misure conseguenti alla segnalazione ricevuta ai sensi degli artt. 25-octies e 25-novies CCII; (iii) all’eventuale adeguamento dell’atto costitutivo e alla nomina degli organi di controllo ai sensi dell’art. 2477 c.c. L’autorizzazione giudiziale è imprescindibile e dovrà essere richiesta al giudice delle misure di prevenzione o, in ambito penale, al giudice per le indagini preliminari. In caso contrario, l’amministratore giudiziario potrebbe incorrere in responsabilità civile per colpa grave o dolo, in responsabilità amministrativa (ad es. per omessa convocazione dell’assemblea ai sensi dell’art. 2631 c.c.), nonché, in ipotesi di gravi irregolarità, nella revoca dell’incarico ad opera del tribunale. Più problematica è l’ipotesi in cui il tribunale non abbia disposto né la revoca dell’amministratore civile né la nomina dell’amministratore giudiziario quale legale rappresentante, né abbia stabilito modalità concrete di controllo. In tale evenienza, la posizione dell’amministratore giudiziario risulta ambigua, non potendo questi agire iure proprio in sostituzione dell’organo amministrativo, né essendo titolare ex lege dei poteri gestori. In giurisprudenza è stato affermato che il sequestro di azienda e partecipazioni non comporta ex se la trasformazione dell’amministratore giudiziario in amministratore civilistico; occorre, a tal fine, una delibera assembleare o un provvedimento espresso del tribunale. Una soluzione praticabile è che l’amministratore giudiziario, nei casi in cui l’amministratore in carica coincida con la figura dell’imprenditore (come nelle imprese a connotazione familiare), formuli richiami e solleciti formali, invitandolo ad adempiere agli obblighi di cui all’art. 3

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La nozione “bifronte” di omogeneità delle classi nel P.R.O. e i confini della deroga agli artt. 2740–2741 c.c.

Nota a Trib. Monza, 12 marzo 2025, Pres. Giovanetti, Est. Ambrosio A cura di Marco Cavaliere Abstract La pronuncia in epigrafe afferma, con nettezza sistematica, che nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (P.R.O.) la deroga alla responsabilità patrimoniale generica e al par condicio creditorum ex artt. 2740–2741 c.c., contemplata dall’art. 64-bis, comma 1, CCII, è legittima soltanto se maturata all’esito di un voto unanime di tutte le classi, previamente costituite nel rigoroso rispetto del criterio di omogeneità delineato dall’art. 2, comma 1, lett. r), CCII, criterio che ha natura cumulativa e si sostanzia nella convergenza sia della posizione giuridica sia degli interessi economici dei crediti compresi nella singola classe. L’eventuale unanimità non possiede virtù “sanante” rispetto a vizi genetici di tassonomia: l’erronea ingegneria delle classi determina ipso iure l’inammissibilità della proposta. Parole-chiave: P.R.O.; classi di creditori; omogeneità (posizione giuridica / interessi economici); deroga al par condicio; prededuzione; lavoratori e T.F.R.; transazione fiscale. 1. Coordinate del dictum e ratio decidendi La massima cristallizza un duplice principio: (i) la deroga all’ordine legale di soddisfazione non è esito discrezionale del proponente, ma frutto di un consenso informato e unanime delle classi correttamente costituite; (ii) l’“omogeneità” della classe non tollera letture riduttive: essa abbraccia, ad un tempo, l’omologia ordinamentale del rango (privilegio/garanzia vs. chirografo) e la comparabilità funzionale degli interessi economico-sociali sottesi ai crediti aggregati. In difetto, l’architettura classificatoria è affetta da vizio originario che rende la proposta inammissibile, non emendabile quoad iudicium di omologa. 2. Il quadro fattuale-procedimentale essenziale All’esito di istanza ex art. 44 CCII e successive integrazioni, la proposta di P.R.O. perviene all’udienza camerale con talune rimodulazioni (tra cui il trattamento della prededuzione professionale, la disciplina della classe dei lavoratori/T.F.R., la presentazione di offerte irrevocabili su azienda ed assets). Permangono, tuttavia, criticità sulla classe “pubblicistica” (Agenzia delle Entrate, INPS, INAIL), sì che il Collegio, preso atto anche del diniego di transazione fiscale, dichiara l’inammissibilità per vizi nella formazione delle classi. 3. L’omogeneità come requisito “a doppia soglia” 3.1. Versante della posizione giuridica La coabitazione, nella stessa classe, di crediti assistiti da privilegi eterogenei e di crediti chirografari infrange il criterio ordinamentale di rango. L’argomento “unitario” del credito pubblico (comune matrice erariale/previdenziale; convergenza operativa nella riscossione) non vale per se a fondare l’aggregazione: il titolare del voto è distinto per ciascun ente e la differente causa legittimante del privilegio ne esige la separazione. 3.2. Versante degli interessi economici Sotto il profilo teleologico-funzionale, rilevano la fonte del credito, la relazione con la continuità, la struttura del rischio e il payoff atteso. Anche qui, il trittico AE/INPS/INAIL palesa traiettorie economiche non sovrapponibili (fiscale vs. contributivo/assicurativo), onde la classe unitaria si rivela spurio conglomerato e, come tale, incompatibile con l’art. 2, comma 1, lett. r), CCII. 4. La deroga agli artt. 2740–2741 c.c. nel P.R.O.: consenso unanime come “titolo sostitutivo” dell’ordine legale Nel P.R.O. il superamento della gerarchia legale dei pagamenti non discende da vis autoritativa, ma da un patto procedimentale: tutte le classi, legittimamente composte, devono consentire alla redistribuzione proposta. L’unanimità è dunque condizione necessaria e convalidante, ma solo se riferita a classi costituite secundum legem. Conseguentemente, l’unanimità ottenuta su una mappa di classi mal formata non produce effetti: quod nullum est, nullum producit effectum. 5. Profili specifici toccati dal decreto (a) Prededuzione “funzionale” e segmentazione del ceto professionale. Piena prededuzione per compensi degli organi e per l’Esperto ex art. 25-ter, co. 12, CCII; prededuzione parziale (75%) per i professionisti “funzionali” al deposito del P.R.O., con il residuo 25% da allocare in classe autonoma a tutela della trasparenza allocativa. (b) Lavoratori e T.F.R.: accollo, rinunce e (eventuale) sterilizzazione del voto. L’effettività dell’accollo liberatorio del T.F.R. richiede offerta irrevocabile assistita da idonea cauzione e rinunce espresso-formali alla solidarietà ex art. 2112 c.c.; in difetto, i crediti permangono nel perimetro classificatorio e devono ricevere trattamento conforme ai termini dell’art. 64-bis (30 giorni per i privilegiati). (c) Privilegiati “non votanti” e orizzonte dei 180 giorni. La promessa di pagamento entro 180 giorni reclama copertura probatoria robusta: flussi contrattualizzati, stime indipendenti coerenti con gli storici, affidabilità delle controparti. Mere enunciazioni programmatiche non integrano sufficiente “bancabilità” del cronoprogramma. (d) Fondo compenso commissario. Corretto l’approccio prudenziale ancorato ai parametri massimi del d.m. 30/2012, quale presidio di veridicità del fabric economico del piano. 6. Osservazioni critiche e ricadute sistematiche 7. Vademecum operativo (minimum standard redazionale) 8. Conclusioni La decisione monzese riordina la grammatica del P.R.O.: prima l’esatta tassonomia delle classi (duplice omogeneità, giuridica ed economica), poi l’eventuale deroga all’ordine legale mediante unanimità effettiva e consapevole. L’unanimità è sigillo, non cerotto: se apposta su classi viziatamente composte, non sana e non legittima. Ne discende un monito pratico: l’ars componendi delle classi non è segmento ancillare, ma architrave di validità dell’intero edificio negoziale-procedimentale.

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