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Accesso alle procedure di sovraindebitamento per le cooperative agricole: la Cassazione solleva questione nomofilattica

A cura di Marco Cavaliere Con l’ordinanza interlocutoria n. 14386 del 29 maggio 2025, la Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione ha rimesso alla pubblica udienza la trattazione di una questione qualificata come di “rilevanza nomofilattica”, concernente l’ammissibilità dell’accesso alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento da parte di imprese agricole costituite in forma di società cooperativa. 1. Il contesto fattuale e processuale La controversia trae origine dal rigetto del reclamo proposto da una cooperativa agricola avverso la dichiarazione di insolvenza pronunciata dal Tribunale di Siracusa su istanza di un creditore, nonostante la pendenza, in capo alla ricorrente, di una procedura di sovraindebitamento ex L. 3/2012. In sede di gravame, la Corte d’Appello di Catania ha confermato la decisione di primo grado, fondandola, tuttavia, su un distinto e dirimente profilo: la società, in quanto cooperativa agricola, sarebbe soggetta alla liquidazione coatta amministrativa ex art. 2545-terdecies c.c., e pertanto esclusa dal perimetro soggettivo delle procedure da sovraindebitamento. Avverso tale decisione, la cooperativa ha proposto ricorso per cassazione, articolando plurimi motivi, tra cui – per quanto qui rileva – la violazione degli artt. 7, commi 2 lett. a) e 2-bis, L. 3/2012, in relazione all’asserita possibilità, per l’imprenditore agricolo, di accedere alle procedure da sovraindebitamento, a prescindere dalla forma giuridica adottata. 2. Il nodo interpretativo: sovraindebitamento e liquidazione coatta La Corte di Cassazione, ritenendo che la questione presenti un profilo di interpretazione normativa rilevante ai fini dell’uniformità del diritto (art. 374 c.p.c.), ha disposto la trattazione in pubblica udienza. In particolare, il Collegio intende chiarire se l’imprenditore agricolo in forma cooperativa – e perciò astrattamente assoggettabile alla liquidazione coatta amministrativa – possa ugualmente accedere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento previste dalla L. 3/2012 (oggi assorbite nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza). Il tema è complesso e tocca un punto nodale del sistema: da un lato, l’art. 7, comma 2, lett. a), della L. 3/2012 esclude dal novero dei soggetti legittimati alle procedure da sovraindebitamento coloro che sono “soggetti a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla presente legge”; dall’altro lato, il comma 2-bis ammette espressamente l’imprenditore agricolo tra i soggetti accessibili, senza operare distinzione in base alla forma giuridica. 3. Le ricadute sistematiche La questione non è meramente formale: l’eventuale esclusione delle cooperative agricole dalla disciplina del sovraindebitamento significherebbe negare l’accesso a strumenti di regolazione negoziata della crisi ad un intero segmento del tessuto produttivo, il cui inquadramento giuridico è spesso ibrido tra impresa e mutualità. La Cassazione, attraverso questa ordinanza, apre dunque un dibattito importante che si riverbera sulla definizione dei limiti soggettivi delle misure protettive per i debitori civili e minori, specialmente nei contesti rurali e agroalimentari. 4. Conclusioni In attesa della pronuncia della Corte in pubblica udienza, l’ordinanza n. 14386/2025 si segnala per la rilevanza sistemica della questione posta. L’esito potrà incidere in modo significativo sul trattamento delle crisi delle cooperative agricole, contribuendo a delineare, in chiave nomofilattica, il perimetro applicativo delle procedure da sovraindebitamento nel nuovo diritto della crisi.

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La revoca dell’ammissione al concordato semplificato per atti di frode informativa: considerazioni sistematiche a margine di Trib. Milano, 22 aprile 2025, Pres. est. De Simone

di Marco Cavaliere. 1. Premessa: il perimetro della frode concordataria nel nuovo diritto della crisi La pronuncia del Tribunale di Milano del 22 aprile 2025 (Pres. est. De Simone), nell’ambito della procedura R.G. 473/2024, offre un pregevole contributo esegetico in ordine all’interpretazione dell’art. 106 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (d.lgs. n. 14/2019), nella parte in cui contempla la revoca dell’ammissione al concordato preventivo, anche semplificato, in presenza di atti di frode in danno dei creditori. La decisione si segnala in particolare per l’approfondita disamina della valenza decettiva di condotte meramente omissive o reticenti, le quali, pur in difetto di un intento fraudolento dolosamente preordinato, siano tuttavia idonee a compromettere il consenso informato dei creditori e la trasparenza del procedimento. 2. La nozione estensiva di “atto di frode”: tra dissimulazione e incompletezza informativa Il Collegio meneghino aderisce a un’interpretazione estensiva del concetto di “atti di frode”, includendovi non soltanto le condotte commissive classiche (quali l’occultamento dell’attivo, la simulazione del passivo, la dissimulazione di poste contabili fittizie), ma altresì quelle omissioni o reticenze informative che, per la loro intrinseca potenzialità decettiva, determinano una falsa rappresentazione della reale condizione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa. In particolare, il Tribunale chiarisce che la frode può consistere anche nell’occultamento, mediante appostazioni contabili non veritiere, di situazioni di fatto idonee ad alterare il giudizio valutativo dei creditori, ledendo in tal modo il principio di integrità informativa che presidia il diritto di voto nell’ambito della procedura. È sufficiente, sotto il profilo soggettivo, la consapevole volontarietà della condotta omissiva, non essendo richiesto il dolo specifico di inganno. 3. Il caso concreto: le poste contabili “incoerenti” e l’alterazione dell’informazione finanziaria Nel caso sottoposto al vaglio del Tribunale, la società proponente aveva iscritto nel bilancio al 28.2.2023 una voce “fatture da emettere” per un importo abnorme (oltre 7 milioni di euro), in larga parte riferita a forniture effettuate verso una controllata estera. La fatturazione veniva effettuata a distanza di oltre un anno, in assenza di congrue giustificazioni documentali (DDT, contratti, condizioni economiche), e in modo del tutto incompatibile con il volume d’affari dichiarato dalla partecipata, poi posta in liquidazione. Ulteriori appostazioni contabili, concernenti crediti intercompany per “brand awareness” e per cessioni wholesale, risultavano integralmente azzerate nell’esercizio successivo attraverso sopravvenienze passive, a riprova dell’inconsistenza economica dei valori originariamente iscritti. Ne conseguiva, secondo la ricostruzione del Commissario giudiziale – pienamente condivisa dal Collegio –, l’occultamento della perdita integrale del capitale sociale già al 28.2.2023 e la rappresentazione fuorviante di un patrimonio netto formalmente positivo. 4. La rilevanza dell’informazione omessa nella prospettiva del consenso creditorio Elemento centrale della motivazione del Tribunale è il nesso causale tra l’occultamento contabile e l’induzione in errore del ceto creditorio. L’omessa disclosure circa l’effettiva perdita del capitale, l’inesistenza di alcune poste attive e l’insostenibilità finanziaria del piano proposto hanno determinato un pregiudizio diretto alla possibilità per i creditori di valutare consapevolmente la convenienza della proposta concordataria rispetto allo scenario liquidatorio. Tali circostanze, originariamente non percepite dagli organi della procedura né dai creditori, sono state successivamente accertate nella loro portata effettiva, evidenziando una divaricazione insanabile tra i dati attesi e quelli reali. Ne discende la radicale inidoneità della proposta a soddisfare anche minimamente le ragioni creditorie, con disvelamento tardivo dell’inattitudine funzionale del piano. 5. L’irrilevanza della buona fede formale: verso una responsabilità informativa oggettiva Di particolare rilievo è la sottolineatura operata dal Tribunale circa l’indipendenza della frode da una dolosa preordinazione. È sufficiente – si legge nella motivazione – la consapevole omissione di dati rilevanti o la persistente adozione di rappresentazioni distorte, benché sorrette da perizie e attestazioni apparentemente conformi. Non vale, in tal senso, opporre la regolarità formale della relazione attestativa, ove la stessa si fondi su dati incompleti, disomogenei o non verificabili secondo criteri scientificamente attendibili. Il Collegio stigmatizza anche l’inadeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili della società proponente, da tempo noti agli organi di controllo e già rilevati dal revisore e dall’attestatore, a conferma di una colpevole sottovalutazione della portata degli obblighi informativi e prudenziali gravanti sull’imprenditore in crisi. 6. Conclusioni: sulla funzione sistemica dell’art. 106 CCII e l’esigenza di verità informativa La pronuncia del Tribunale milanese si inserisce nel solco di un orientamento interpretativo volto a riaffermare con vigore la funzione ordinante dell’art. 106 CCII, quale strumento di salvaguardia dell’ordinato svolgimento della procedura e di presidio della lealtà concorsuale. La compressione del diritto di credito, che si accompagna a ogni proposta concordataria, deve necessariamente trovare contropeso nella piena trasparenza dell’informazione ex ante, e nella correttezza dell’adempimento degli obblighi di disclosure. Quando ciò non avvenga, come nel caso di specie, il sistema reagisce con la sanzione più grave: la revoca dell’ammissione e l’apertura della liquidazione giudiziale. Non per punire, ma per ristabilire le condizioni minime di correttezza e verità nel confronto fra debitore e creditori, cardini insopprimibili della fisiologia concorsuale nel diritto della crisi.

Donna con visore VR – esempio di tecnologia per startup innovative 2025
Diritto societario, Finanza agevolata, News

Startup innovative 2025: definizione, vantaggi fiscali e novità giuridiche

Le startup innovative 2025 sono una leva fondamentale per l’economia digitale e tecnologica del nostro Paese. Regolate dal D.L. 179/2012, rappresentano una forma societaria agevolata, rivolta a imprese ad alto contenuto innovativo. Il legislatore ha previsto per queste realtà una serie di semplificazioni e vantaggi fiscali, contributivi e societari, confermati e ampliati anche per il 2025.

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